La civiltà minoica

La civiltà minoica

Quadro storico

Recita Omero nell’Odissea canto XIX, 172: “ C’è una terra nel mezzo del mare scuro come il vino, Creta, fertile e bella, circondata dall'acqua: in essa vi sono innumerevoli uomini e 90 città: chi ha una parlata, chi un'altra, un miscuglio; tra loro é Cnosso, una grande città nella quale regnò per 9 anni Minosse confidente del grande Zeus.

La civiltà cretese, detta anche minoica dal nome del re Minosse, fiorisce verso il secondo millennio a.C.  (vedi linea del tempo) nell'isola di Creta sita nel Mar Egeo (fig. 1). E’ qui che nascono le radici della cultura greca.  L'isola è di forma frastagliata e si allunga da ovest a est per 241 km mentre si estende da nord a sud per 56 km. La montagna più alta è il Monte Ida situata nel centro. 

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fig.1

Agli inizi del XX secolo l'archeologo inglese Sir Arthur Evans (fig. 2) porta alla luce i resti della città palazzo di Cnosso mentre studiosi italiani, inglesi e americani scopriranno le vestigia di Festo,  Hagìa Triàda e Gournia. 

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fig.2

I primi abitanti sono giunti sull’isola via mare dall’Anatolia dopo il V-VI millennio a.C. per poi insediarsi sulle alture. La loro epopea fiorisce con l'età del Bronzo e termina con quella del Ferro. I Cretesi erano un popolo di marinai e di commercianti, trasportavano sulle loro navi capaci olio, vino, cereali e importavano oro, argento e rame. L’apertura strategica di empori e scali commerciali nel Mar Mediterraneo favorisce l'isola nei commerci con la Siria, la Libia, Tirinto, le coste della Grecia, la Troade. Dal 2000 al 1700 a.C. sorgono i grandiosi palazzi di Festo e Cnosso distrutti nel 1750 a.C. da una catastrofe naturale o da un'invasione esterna per essere poi ricostruiti. Verso il 1450 a.C. i Micenei invadono Creta e distruggono le città palazzo ad eccezione di quello di Cnosso con l'intenzione di insediarvisi. Nel 1628 a.C. avviene l'eruzione del vulcano di Thera, oggi Santorini, (fig. 3) assai più violenta di quella del Krakatoa del 1887: probabilmente Platone ha preso spunto da questo avvenimento per scrivere la storia della scomparsa di Atlantide. Gli effetti devastanti hanno avuto forti ripercussioni sull’isola. 

 

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fig.3

Verso la fine del millennio i terremoti sulle sponde dell'Egeo hanno dato il colpo di grazia alla civiltà minoica anche se, in realtà, era già falcidiata da rivalità interne, motivo per cui è divenuta facile preda di invasioni dal continente.

La società

Nel Minoico antico (3000- 2100 a.C.) l'organizzazione sociale di Creta si fonda su clan i cui membri dimoravano sotto lo stesso tetto. Successivamente questi gruppi si disgregheranno: le famiglie più piccole inizieranno a sfuggire alla protezione del signorotto locale per andare a vivere di commercio nelle città: da qui lo sviluppo di Cnosso, Festo, Gournia, ecc. I signori più importanti, come quello di Cnosso e Festo, intorno al 2000 a.C. iniziano ad erigere le loro maestose dimore poi, come si è detto, distrutte nel 1750 in circostanze misteriose. Sarà il re Minosse ad ottenere alla fine l'egemonia sull'isola; non è chiaro se, con questo nome, si designava un solo personaggio o un'intera dinastia: secondo alcuni studiosi, infatti, si tratterebbe di un appellativo forse analogo a quello di “faraone” o a  quello romano di “cesare”. Fatto sta che pian piano il potere è detenuto da una sola persona coadiuvata da una classe dirigente efficiente ed ordinata. 

La società minoica vede alla sommità il sovrano con la famiglia, di seguito i funzionari e gli scribi. Il gradino più in basso era occupato dai contadini possessori di terre, artigiani, il clero, i soldati. Successivamente ci sono i servi della gleba, i popoli conquistati, i commercianti e viaggiatori. Gli ultimi erano gli individui ridotti in schiavitù.  Marinai e pescatori non appartengono a nessuna classe sociale definita.

Il sovrano deteneva il potere legislativo e religioso. I funzionari amministrativi firmavano i documenti con sigilli in creta, osso, steatite e avorio. L'immagine era contenuta in una sezione triangolare o circolare in origine accompagnata da una scritta: un esempio è il sigillo d'oro custodito presso l’Ashmoleum Museum di Londra risalente al XVI sec.a.C. (fig. 4) con una scena di Tauromachia (lotta col toro).

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fig.4

Le fanciulle erano educate alla tessitura, filatura, alla macinatura e pestatura dei cereali e alla raccolta di bacche. Apprendevano inoltre formule per combattere il malocchio. I bambini invece erano allontanati dalla famiglia per iniziare sin da piccoli a imparare a cacciare e a vivere all'aperto. I servi, spesso prigionieri di guerra, non potevano fuggire: erano restituiti ai padroni se catturati entro un certo periodo di tempo prestabilito, altrimenti finivano venduti come schiavi. 

Le case e le città

Le strade delle città erano lastricate; le vie erano dotate di marciapiedi affiancati da canali di scolo per far defluire le acque piovane. Al centro c’era la piazza del mercato. Le case erano costruite con mattoni, pietra, legno ed erano dipinte  con colori vivaci: fasce bianche e rosse risaltavano su sfondi azzurri, verdi, grigi. Sull’ultimo piano c’erano terrazze con lucernari. Gli interni erano arredati con scaffali. Il cibo si cuoceva all’aperto. Le case “borghesi” erano a due o tre piani (fig.5) ed avevano finestre realizzate con serramenti lignei sui quali venivano stese pergamene oliate per ottenere un effetto di trasparenza.

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fig.5

La scrittura

La prima scrittura della civiltà minoica, la cosiddetta Lineare A, era sillabica (fig.6). Verso il 1600 a.C. si iniziarono ad utilizzare segni stilizzati incisi su tavolette d'argilla (molto simili al greco antico) tracciati con inchiostro su carta ottenuta dal papiro o dalla palma.

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fig.6

 

L'economia

L’economia cretese non si  fondava unicamente sull’ agricoltura. Si coltivavano orzo, grano, piselli, lenticchie, fave, cetrioli. L'olio degli olivi serviva per scopi alimentari e per l'illuminazione. Gli alberi più diffusi erano il fico, il susino, la palma da dattero, il cotogno. Con il  legno del cipresso si costruivano le navi. Il lino era coltivato per scopi tessili mentre lo zafferano e la porpora servivano per la tintura. L'assenzio, la menta e la maggiorana erano molto apprezzati in cucina. Si allevavano bovini, caprini maiali, pecore. Il cavallo trasportava carri a due ruote ma, come avveniva in Egitto,  per motivi logistici, si utilizzava spesso l'asino. Il miele era  usato in cucina ma serviva anche per ricavare la cera per alimentare le torce. I cretesi allevavano le oche, i pavoni; cacciavano lepri, cinghiali, cervi, camosci, uccelli con  lance  e reti e con l'ausilio di cani simili a levrieri. La pesca si praticava con reti e lenze (fig.7)

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fig.7

La città di Gournia era famosa per la metallurgia. Creta esportava pietre dure incise (agata, granito, onice diaspro). La tessitura avveniva all'interno delle case, tuttavia il ritrovamento di sigilli con sopra incisa la forma di un ragno sembra ricondurre alla presenza di un'industria tessile pubblica (il sigillo aveva una funzione simile alla carta d'identità). Per il commercio interno la popolazione si serviva di un asse che collegava il nord al sud dell'isola. Non c'era ancora la circolazione della moneta per cui gli scambi avvenivano col baratto. Creta esportava in Egitto vasi pregiati, prodotti farmaceutici, metalli, pietre preziose: le sue navi erano di vario tipo  e le vele erano realizzate con pannelli di tela o con papiro orlato di pelle (fig.8). 

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fig.8

I Cretesi praticavano la pirateria, tuttavia avevano la fama di essere relativamente onesti, altrimenti non avrebbero potuto mantenere gli scali e gli empori  fondati in Asia Minore e in Egitto dove erano costantemente sorvegliati. Quando giungevano nei regni vicini si avvalevano di lettere di presentazione e facevano di tutto per ottenere la  protezione delle autorità locali . 

La religione

Le cerimonie di culto avvenivano all'aperto e nelle caverne e omaggiavano le forze della natura. I Cretesi adoravano il toro e la colomba, simboli rispettivamente dell'elemento maschile e femminile. La Grande Madre (fig.9) procreatrice dispensatrice di fecondità (un po’ come la Venere di Willendorf) era simboleggiata dalla colomba e dal serpente (quest’ultimo era considerato un essere ctonio protettore dei raccolti e delle anime dei defunti). 

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fig.9

Il Minotauro (fig.10), essere metà toro e metà uomo, era simbolo di virilità e fecondità.

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fig.10

Poseidone subentrerà ad un dio minoico del mare e sarà molto venerato da questa civiltà. Anche il culto di Afrodite, cui era consacrato il mirto, seguirà quello di una divinità analoga presente nell’isola, così come l’adorazione del dio Apollo che, secondo antiche credenze, appariva ai marinai di Cnosso in forma di delfino, giovinetto e di sole splendente (la fonte è un Inno omerico). La luna invece era invocata col nome di Febe ed Ellotide. La versione cretese di Artemide era invece Britomarti nel cui santuario si entrava solo a piedi nudi.

Le cerimonie religiose erano dirette dalle donne. I Cretesi veneravano il pilastro perché sosteneva gli edifici, funzione vitale per un popolo falcidiato dai terremoti. Quando nasceva un bambino, per proteggerlo gli si donavano amuleti personali (sassi, ambra fiocchi etc.). La madre lo allattava al seno ma utilizzava anche un corno bucato riempito con latte di capra e miele a mo’ di biberon: lo strumento, in realtà, ricorda molto il mito del piccolo Zeus trasportato sul Monte Ida per sfuggire all’ira del padre Crono. Qui il  dio in fasce sarà nutrito dalla capra Amaltea. Le donne si recavano insieme ai propri piccoli in pellegrinaggio presso fonti d'acqua considerate miracolose da cui si abbeveravano per ottenere la guarigione in caso di malattia. 

Per quanto riguarda il labirinto, A. Evans lo ha identificato con il “palazzo della doppia ascia(fig. 11) ovvero il palazzo di Cnosso : in realtà studi recenti sostengono  si tratti di una caverna con numerose gallerie ove avvenivano riti di iniziazione. 

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fig.11

Testi antichi indicano col termine di “labirinto” un santuario ricavato dai corridoi scavati nelle rocce, forse proprio quello sul monte Ida presso cui, secondo la leggenda, si recava Minosse ogni 8 anni a chiedere consiglio al dio suo padre per scrivere leggi giuste. Sulle pareti delle grotte sacre sono stati rinvenuti parecchi simboli di doppie asce. Altri luoghi di culto erano i santuari all'aria aperta, le cime dei monti o strutture all'interno dei palazzi.

Un altro simbolo presente sulle pareti dei palazzi é il nastro sacro. Anche i Cretesi, al pari degli Egizi, credevano nell'aldilà e pensavano che l'anima del defunto intraprendesse un viaggio verso le isole dei Beati governate dal leggendario Minosse e da suo fratello Radamanto (re di Festo). Solo i valorosi e i virtuosi però potevano godere di questo privilegio, tutti gli altri, invece, dovevano espiare le loro colpe anche attraverso la reincarnazione.

Il calendario delle festività era molto ricco: la semina, la vendemmia, il ritorno delle mandrie erano eventi accompagnati da danze, canti, offerte, libagioni. I marinai omaggiavano gli dèi del mare con piccoli doni quali ciottoli rotondi raccolti sulla riva o simulacri di barchette d'argilla. All'entrata dei porti, prima di partire, essi sacrificavano una parte dei liquidi che avrebbero trasportato: ecco perché in questi luoghi è stato rinvenuto un gran numero di anfore. Gli occhi dipinti sugli scavi delle navi avevano la funzione di indirizzare i naviganti sulla rotta corretta. I Cretesi accedevano ai luoghi sacri solo dopo essersi purificati con unzioni di oli profumati.  Le offerte erano portate in processione in calici o coppe contenenti vino, miele, latte. Si spargevano successivamente i liquidi per terra mettendoci sopra le coppe capovolte. Le famiglie dei defunti, per evitare che questi ultimi tornassero dall'aldilà per tormentare i vivi, si recavano regolarmente presso le tombe del parente per depositarvi del cibo sotto coppette capovolte.

Il mito

Infanzia di Zeus a Creta

Creta è stata la protagonista dell'infanzia di Zeus. Secondo la leggenda, infatti, Rea per salvare il figlio Zeus dalle fauci di Crono, inganna quest'ultimo facendogli ingoiare una pietra al posto del figlio.Il piccolo viene portato in salvo sul Monte Ida nell'isola di Creta e qui é nutrito dalla capra Amaltea (fig.12) e protetto dai Cureti venuti al mondo dalle lacrime del bambino. Il compito di questi ultimi era quello di coprire il vagito del neonato con danze rumorose battendo le spade sugli scudi. Sciami di api, inoltre, facevano ricadere sul piccolo Zeus gocce di miele. Al momento della morte Amaltea ascenderà in cielo in forma di stella mentre una delle sue corna si riempirà di fiori e di frutti dando origine alla cornucopia.

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fig.12

Le origini: il ratto di Europa

Alle origini della storia di Creta c'è il mito del ratto di Europa (fig. 13), la principessa fenicia figlia del re Agenore e Telefassa, avvenuto per opera di Zeus. Il re degli dèi, infatti, sedotto dalla bellezza della fanciulla, la attira a sé dopo aver assunto le sembianze di un magnifico toro bianco. Europa lo accarezza, gli monta sul dorso per gioco ma, ad un certo punto, inaspettatamente il toro si allontana trasportandola lontano dalla riva per poi depositarla sulle coste dell'isola di Creta. Qui Zeus riprende il suo aspetto e le rivela la sua identità. Dall'unione con la bella fanciulla saranno generati tre figli: Minosse, Radamanto, Sarpedonte. Europa viene data in sposa al re di Creta Asterio ma, in suo ricordo, Zeus le lascerà tre preziosi doni tra cui Talos, il leggendario gigante di bronzo di cui parleremo in seguito. 

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fig.13

Il Minotauro

Sempre secondo la leggenda Minosse sposa Pasifae, figlia di Elio e della ninfa oceanina Perseide. Dalla loro unione nasceranno: Arianna, Fedra, Akakallis, Senodice,  Glauco, Catreo, Deucalione e Androgeo. Il re di Creta, devoto a Poseidone, prega quest'ultimo affinché possa creare un magnifico toro bianco così da poterlo sacrificare in suo nome. L’animale sarebbe stato così agli occhi di tutti il simbolo del favore di cui godeva Minosse presso il dio dei mari. Poseidone acconsente, ma l'animale era così splendido che il re decide di tenerlo per sé e di sostituirlo con un altro nel momento del sacrificio. Poseidone, allora, adirato, fa nascere in Pasifae un'insana attrazione per il toro bianco. Invaghitasene fino alla follia, la regina ordina di costruire una vacca di legno per potervisi nascondere ed avere così un amplesso con il toro (fig.14). 

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fig.14

Frutto di questa unione orripilante sarà il Minotauro, mostro metà toro e metà uomo (fig.15). Minosse ordinerà a Dedalo la costruzione del labirinto al fine di potervi rinchiudere l'essere abominevole. Ogni 9 anni 7 fanciulli e 7 fanciulle ateniesi si mettevano in viaggio per essere sacrificati al mostro. In realtà questa leggenda probabilmente allude ad un'epoca in cui Creta primeggiava economicamente e politicamente nel Mar Egeo e dunque esigeva da Atene il pagamento di un sostanzioso tributo. 

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fig.15

Anche Minosse non era uno stinco di santo: era un marito così infedele e violento da spingere la moglie Pasifae a prendere una grave decisione. La regina, sorella peraltro della maga Circe, aveva lanciato al marito una maledizione: durante l'amplesso con le sue amanti egli avrebbe eiaculato serpenti e scorpioni. Sarà l'ateniese Procri a fabbricare per Minosse il primo preservativo della storia (ricavato da un budello di capra) al fine di rimediare al sortilegio.

Dedalo e il labirinto

L'artefice della costruzione del labirinto (fig.16) è Dedalo. Chi era costui? Di origine ateniese, figlio di Eretteo, era un eccellente architetto, costruiva edifici talmente complessi da risultare “impossibili” e realizzava bambole e statue in grado di muoversi al pari degli esseri viventi. 

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fig.16

Si racconta che ebbe come allievo il giovane nipote Talos, il quale si rivelò più dotato del maestro: egli, infatti, inventò la ruota del vasaio e la sega di ferro. Divenuto geloso fino all'inverosimile Dedalo uccise a tradimento il nipote per poi fuggire a Creta ove venne ospitato da Minosse in cambio dei suoi servigi. Dedalo fu rinchiuso insieme al figlio Icaro all’interno del labirinto da lui stesso ideato per imprigionare il Minotauro proprio per volere di Minosse. Il motivo? Egli aveva consegnato ad Arianna, la figlia di Minosse e sorellastra del Minotauro, i due oggetti grazie ai quali l’eroe greco Teseo riuscì ad addentrarsi nella struttura allo scopo di uccidere il mostro e uscirne illeso. Arianna, infatti, darà al giovane una spada a due tagli e il famoso gomitolo di lana. Quando Minosse seppe dell’ accaduto, dunque, condannò Dedalo e Icaro a essere rinchiusi a vita nel labirinto. Un bel giorno Dedalo ebbe un'idea geniale: i due sarebbero potuti fuggire via dalla prigione ergendosi in volo grazie ad ali fabbricate dall'architetto, realizzate con piume di uccelli unite dalla cera. Preso dall'ebbrezza del volo il giovane non diede retta alle raccomandazioni del padre e iniziò a volare sempre più in alto fino a quando il calore del sole causò la liquefazione delle ali (fig.17)

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fig.17

Disperato per la morte del figlio, dopo aver soggiornato  a Cuma, Dedalo si trasferisce a Camico in Sicilia (presso Agrigento) ove regnava Concalo. Crede di essere al sicuro ma è inseguito da Minosse, il quale salpa da Creta con la sua flotta per andare a riprenderlo. Il re di Creta ricorre ad un inganno per scovarlo: promette una lauta ricompensa a colui che fosse riuscito a far passare un filo tra le volute di una conchiglia. L’ingegnoso Dedalo trova ovviamente una soluzione al rompicapo: cosparge di miele i bordi di una conchiglia e vi fa entrare una formica con un filo attaccato ad una zampa. L'insetto, così, segue il miele e avvolge con il filo tutte le volute della spirale (da notare come la conchiglia con le sue volute rimandi alla struttura del labirinto così come il filo si lega all'impresa compiuta da Teseo). Dopo essere riuscito a rintracciare Dedalo, Minosse lo reclama a Concalo. Il re siciliano finge di aiutarlo e gli offre nel frattempo ospitalità; tuttavia, il fato per lui ha in serbo una sorpresa: le figlie di Concalo, infatti, gli preparano una trappola mortale. Minosse morirà bruciato mentre si sta facendo un bagno presso la dimora del suo ospite. Secondo la leggenda da quel momento Creta, priva del suo mitico re, inizierà la sua decadenza falcidiata da contrasti interni e preda di invasori esterni.

Teseo e Arianna

Come ho già anticipato nei paragrafi precedenti, la leggenda racconta che ogni 9 anni 7 fanciulli e 7 fanciulle ateniesi dovevano essere sacrificate al Minotauro. Questo avveniva perché gli abitanti di Atene avevano ucciso Androgeo, figlio di Minosse, quando si era recato in Grecia per partecipare a dei giochi sportivi.  Teseo, figlio di Egeo re di Atene, si imbarca, contro il volere del padre, assieme ai giovinetti che dovevano essere immolati al mostro. L'obiettivo del giovane eroe era quello di riuscire ad uccidere la creatura orripilante (per chi volesse conoscere la storia delle altre sue imprese rimando al link dedicato nella sitografia). Teseo promette al padre che se fosse riuscito nell'impresa avrebbe fatto issare al suo ritorno le vele bianche mentre in caso contrario la nave sarebbe rientrata con quelle nere . Durante il viaggio il giovane si fa subito notare per la sua audacia: egli prende infatti le difese di una delle 7 fanciulle destinate al sacrificio perché era stata molestata da Minosse. Il re di Creta gli lancia allora una sfida: getta un anello in mare e invita Teseo a recuperarlo sul fondo degli abissi. Solo in questa maniera l’eroe avrebbe dimostrato di essere il figlio di Poseidone, il suo primo padre. Teseo riesce nell'impresa perché è aiutato da Anfitrite, la sposa del re dei mari. Arianna, la figlia di Minosse e sorella del Minotauro, si innamora a prima vista del bel giovane dai capelli rossi. Ella è attratta anche dal suo aspetto elegante: Teseo, infatti, indossava un mantello purpureo, simbolo di appartenenza ad un nobile lignaggio. Per aiutarlo nell’impresa che causerà la morte del suo fratellastro il Minotauro, la ragazza ricorre a Dedalo il quale le fornisce un gomitolo di lana grazie al quale il principe ateniese, dopo aver eliminato il mostro, riuscirà ad uscire dal labirinto (fig. 18).

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fig.18

Secondo alcune versioni del mito, il Minotauro non oppose grande resistenza perché era stanco di vivere come prigioniero a vita. Secondo altri Arianna avrebbe accompagnato personalmente Teseo nell'impresa facendogli luce con una corona o con un serto luminosi. Arianna fuggirà via da Creta assieme a Teseo. La nave approderà all'isola di Nasso per trascorrervi la notte ma l'indomani, quando salperà per Atene, l’eroe vi abbandonerà la fanciulla approfittando del fatto che fosse profondamente addormentata.  E’ la maledizione dei padri che ricade sui figli: in gioventù, infatti, Minosse aveva sedotto Scilla, la figlia di Nisso re di Megara, affinché gli consegnasse un cappello fatato del padre senza del quale quest'ultimo sarebbe caduto in disgrazia. Subito dopo aver ottenuto la vittoria, Minosse volle punire Scilla per aver tradito il padre e la condanna ad essere legata a prua come una polena per farla divorare dai pesci. Fortunatamente gli dei ebbero pietà di lei e la trasformarono in un gabbiano. Ma ritorniamo alla nostra storia. Arianna, disperata, è stata abbandonata sull'isola, tradita dal suo amante. Ecco allora che interviene Dioniso il dio del vino (vedi link nella sitografia) il quale prende a consolarla e la fa sua sposa facendola ascendere tra le stelle nella forma di corona di luce, il suo dono di nozze (fig.19)  

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fig.19

Una curiosità: secondo alcune fonti Teseo aveva abbandonato Arianna perché glielo aveva imposto proprio Dioniso sin dall'inizio. Quando il giovane principe durante il tragitto del ritorno farà tappa a Delo, consacrerà ad Afrodite una statua che gli era stata regalata da Arianna ed insegnerà ai compagni di viaggio una danza che simula nei passi i tortuosi meandri del labirinto. Gli abitanti del luogo ancora la eseguono e la chiamano la “danza della gru”: la coreografia ricorda negli avvicinamenti e negli allontanamenti dei ballerini le anse del labirinto nonché i movimenti della ruota dei vasai. I ballerini eseguono i movimenti prendendosi per i polsi (fig.20) a ricordo del filo di Arianna usato per non smarrirsi all’interno del labirinto riuscendo così a sconfiggere l’oscurità. 

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fig.20

Un'altra tesi sostiene che questa danza rievochi i moti dei pianeti e degli astri. Anche Teseo, tuttavia, verrà duramente punito per il male compiuto: inebriato dalla vittoria, si scorderà di issare le vele bianche cosicché quando Egeo avvisterà la nave contrassegnata dalle vele nere penserà che suo figlio sia morto nell'impresa. Preso dalla disperazione si getterà così da una rupe: da quel momento quel mare prenderà il suo nome.

Talos, il prima automa della storia

Il nome di Creta è legato anche al primo automa della storia: il mitico Talos (fig.21).

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fig.21

Nell'opera Biblioteca , attribuita falsamente ad Apollodoro, si afferma come questo essere leggendario sia stato realizzato in bronzo da Efesto. Il suo compito era quello di correre per tre volte al giorno lungo l'isola per assicurarsi che non fuggissero via i nemici di Minosse e non vi approdassero ospiti indesiderati. Per allontanare questi ultimi l'automa ricorreva anche al lancio di massi contro le navi. Per annientare il nemico Talos si gettava nel fuoco e, dopo aver reso rovente la sua corazza, lo stritolava in un abbraccio mortale. L'unica che riuscì a sconfiggerlo è stata la maga Medea, la quale gli lacerò la vena attraverso la quale scorreva il suo liquido vitale.

L'arte minoica

Le città palazzo

Nella parte nord dell'isola si trovano i palazzi di Cnosso e Mallia siti in un territorio adatto all'agricoltura. Sulla costa sud viene eretto invece quello di Festo. Il palazzo di Cnosso (fig.22) si estende per 20.000 mq e ospita circa 1300 ambienti. 

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fig.22

Il nucleo più antico risale al periodo Protopalaziale (2000 a.C.) ed è stato realizzato con pietra calcarea. Distrutto attorno al 1600 a.C., forse dall'eruzione di Santorini, fu riedificato nel periodo Neopalaziale (1700-1400). Il fatto che non fosse circondato da mura difensive ci testimonia che la civiltà cretese aveva un carattere pacifico. La disposizione degli ambienti sembra seguire un ordine prestabilito (fig.23). 

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fig.23

L'acqua potabile era portata all'interno del palazzo da sorgenti esterne e distribuita nei vari appartamenti attraverso condutture d'argilla. La pianta si organizza attorno ad un cortile centrale mentre l'intero complesso sembra armonizzarsi col paesaggio circostante: é evidente, dunque, il profondo legame che univa questo popolo alla natura circostante. Vi erano due ingressi a nord e a sud della costruzione: il primo è caratterizzato dalla presenza di un vestibolo con colonne rosse rastremate verso il basso (fig.24) ( si restringono cioè progressivamente dall'alto verso il basso) con i capitelli e la base di colore grigio. 

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fig.24

Questo ingresso era affiancato dal teatro (fig.25), una vasta area caratterizzata da gradinate da dove probabilmente gli spettatori assistevano ad esibizioni quali la lotta col toro. 

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fig.25

A ovest del cortile centrale si colloca la sala del trono (fig.26) chiamata così per il trono di alabastro fiancheggiato da panche addossate alle pareti decorate da figure di grifoni e piante stilizzate. 

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fig.26

Nella parte ovest gli ambienti sono disposti a pettine lungo il corridoio. Tra questi ricordiamo i magazzini (fig.27) nei quali sono state rinvenute giare (pithoi). Qui i muri erano a pareti doppie per proteggere i rifornimenti di cibo dal caldo e dal freddo. C'erano inoltre delle botole in cui si conservavano le derrate. 

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fig.27

Tra le decorazioni della stanza della regina (fig.28) sono da ricordare i motivi geometrici di forma circolare ma soprattutto i bellissimi delfini. 

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fig.28

Per quanto riguarda la pittura minoica non si può parlare di veri e propri affreschi in quanto i Cretesi utilizzavano la tempera su una calce purissima: questa tecnica fragilissima ha così causato il deterioramento delle immagini nel corso dei secoli. Quando Arthur Evans agli inizi del XX secolo ha riportato alla luce le rovine, è poi intervenuto con restauri considerati al giorno d'oggi molto discutibili: un esempio per tutti è la ricostruzione delle colonne in cemento armato o il caso del principe dei Gigli (fig.29) (originale custodito presso il Museo archeologico Heraklion) frutto dell’assemblamento di parti risalenti a tre immagini differenti. Secondo Evans sul fondo rosso dovevano apparire in origine alcuni gigli: da ciò deriverebbe il nome del dipinto.

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fig.29

Un'altra splendida testimonianza pittorica é la celebre Taurocatapsia (fig.30) (1700 -1400 a.C.) (originale custodito presso il Museo Archeologico di Heraklion). Il dipinto illustra una delle più famose competizioni ginniche che caratterizzeranno il mondo greco. Questi giochi acrobatici avvenivano nel teatro del palazzo ed avevano un significato simbolico. La figura sinistra dalla carnagione pallida (in questo modo venivano rappresentate le donne), afferra il toro per le corna mentre quella centrale più scura (un uomo) compie un balzo acrobatico sulla sua groppa. Infine, la donna a destra con le braccia tese in avanti é appena atterrata dopo aver compiuto il salto fatale. L'attività ludica aveva forse uno scopo iniziatico e stava a simboleggiare la vittoria dell'uomo sull’ animale. E’ da sottolineare anche il fatto che il toro era venerato sull'isola come il dio principale.  Lo stile della pittura ci ricorda l'antico Egitto per il colore piatto con cui sono resi i corpi di profilo ma anche per la linea elegante che caratterizza i contorni delle figure. 

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fig.30

Bellissime sono anche le tre danzatrici (fig.31)(1600 a.C.) (Museo Archeologico di Heraklion) di un'eleganza raffinata, cariche di gioielli, i cui capelli sono raccolti in acconciature elaborate caratterizzate da fili di perle. All'altezza del collo indossano catenelle per trattenere il corpetto. La pittura é sempre frutto delle ricostruzioni di Evans.

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fig.31

Sempre di profilo é rappresentata la Parigina (fig.32) (1400 a.C.) (Museo Archeologico di Heraklion) con un occhio grande dipinto di nero, truccata secondo la moda del tempo e con un enorme sopracciglio.

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fig.32

 

Produzione vasaria e scultura

I vasi prodotti dalla cultura minoica erano realizzati con il tornio ed erano caratterizzati da pareti sottilissime (“a guscio d'uovo”). In epoca Protopalaziale domina lo stile di kamares, dal nome della grotta sul Monte Ida in cui, all’inizio del ventesimo secolo, sono stati rinvenuti alcuni esemplari (foto 33) (vaso proveniente da Festo ora al Museo Archeologico di Heraklion). Lo stile è geometrizzante, caratterizzato da forme a spirali. I colori utilizzati sono il bianco, il giallo, il rosso e arancio sul fondo scuro.  

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fig.33

Molto interessante é anche la brocchetta di Gurnià (foto 34) (1700-1400 a.C.) (Museo Archeologico di Heraklion) dal nome della località ove è stata rinvenuta. La località si avvaleva probabilmente di una fabbrica di ceramica. Il manufatto rappresenta il successivo stile molto più naturalistico: qui è rappresentato un polipo che dirama liberamente i suoi tentacoli attorno al vaso. L'animale è reso in maniera particolareggiata: basti osservare le ventose dei tentacoli a forma di cerchietti  con un puntino al centro. Le tonalità scure, inoltre, emergono dal fondo giallastro. A fare da protagonista è anche la fauna marina con coralli e piccole conchiglie.  

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fig.34

La statuetta fittile della Dea dei serpenti (foto 35) (1500 a.C.) (Museo Archeologico Heraklion) è stata anch'essa ricostruita da A.Evans:  la figura indossa una  gonna a campana con balze e un corpetto stretto in vita con le maniche corte che le lascia scoperti i seni, ricalcando la moda dell'epoca . Veste, inoltre, un grembiule con ricami geometrici. In realtà le donne cretesi portavano sotto il corpetto camicie trasparenti: solo le sacerdotesse erano a seno scoperto. La dea stringe tra le mani due serpenti, simbolo del mondo sotterraneo e, al contempo, della natura che in inverno cade in letargo. Sul copricapo figura un gatto, forse animale sacro.

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fig.35

 

Le donne, la moda, il trucco

Le donne a Creta godevano di libertà: lo deduciamo dal fatto che potevano assistere agli spettacoli e dalla loro rappresentazione a seno nudo. I mariti non potevano vendere o ipotecare la dote della moglie, la quale conservava il controllo dei propri beni personali anche dopo il matrimonio. Il divorzio era ammesso: in questo caso la sposa aveva diritto a riprendersi la propria dote, tutti gli abiti che aveva tessuto e la metà dei beni acquistati durante il periodo del matrimonio. Se la donna fosse morta senza aver fatto figli, il marito avrebbe dovuto restituire alla famiglia di provenienza della consorte le proprietà della moglie e la metà dell'ultimo raccolto. Le donne si occupavano di tessere abiti, drappi, coperte. Lavoravano i campi insieme ai mariti, si prendevano cura degli animali domestici, si dedicavano alla pollicultura e all’ apicoltura. Erano protagoniste di processioni religiose, come si può vedere dal sarcofago di Hagìa Triàda (fig.36) (1400 a.C.) (Museo Archeologico Heraklion) istoriato con motivi geometrici spiraliformi e floreali. Nella scena le donne offrono frutti e doni contenuti in ceste e vasi. Compare anche il simbolo dell'ascia bipenne insieme agli animali che devono essere sacrificati. La prima fanciulla a sinistra indossa una gonna realizzata con pelli cucite tra loro e un busto di lino; la seconda a sinistra invece ha un abito decorato a strisce sull'orlo e attorno al collo e porta un elaborato copricapo con nastri. 

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fig.36

Molto apprezzate erano anche le gonne con disegni a V (foto 37)

37. donna con gonna a V.jpg
fig.37

Per capire come si truccavano le donne all’epoca della civiltà minoica osserviamo il dipinto della Parigina (fig.32): le palpebre si dipingevano di nero mentre le guance erano coperte da polvere di ocra. Il color vermiglio era applicato sulle labbra con un pennellino: esso era  il frutto di un composto di cinabro o minio diluito con una crema oleosa. Per quanto riguarda le acconciature la moda prescriveva lunghi capelli ondulati e riccioli sollevati sulla fronte abbelliti con forcine di metallo (vedi le Danzatrici foto 31).

Gli uomini cretesi portavano perizomi avvolti ai fianchi, erano a torso nudo e indossavano lunghi copricapi. Nel caso del principe del Giglio (fig.29) questi ultimi erano decorati con piume di pavone, simbolo di potere.  Il giovane indossa una corona ed una catena d'oro raffigurante gigli. Nell'affresco di Thera con lottatori (foto 38) (XVI a.C.). due ragazzi lottano a torso nudo, sono truccati e portano lunghi capelli arricciati. 

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fig.38

I gioielli

Infine, parliamo di gioielli ricordando l'anello dorato di Isopata (fig. 39) (XVI-XV sec.A.C.), (Museo Archeologico di Heraklion) rinvenuto nei pressi del palazzo di Cnosso. Sull’ ovale sono rappresentate tre figure femminili intente a danzare forse per celebrare la donna al centro. Sono a seno nudo e indossano una gonna lunga a balze: molto probabilmente si tratta di sacerdotesse in adorazione della Grande Dea Madre. La natura è ricordata dalle spighe di grano e altri elementi vegetali. Le silhouettes sono curiosamente prive di testa sostituite da piccole sfere.  I gioielli cretesi erano molto elaborati: basta pensare al pendaglio di orecchino del 1700 a.C. custodito al British Museum (foto 40) appartenente alla collezione conosciuta come Tesoro di Egina. Il pezzo centrale è costituito da un anello a forma di serpente a due teste simbolo di eternità mentre all'interno sono rappresentati una coppia di leopardi e una di scimmie. Attorno al cerchio centrale é disposta una corona di raggi terminante con decorazioni a forma di disco e a forma di uccelli.

39. anello isopata.jpg
fig.39
40. pendaglio tesoro egina.jpg
fig.40

Alimentazione

Gli antichi Cretesi utilizzavano i pithoi (fig. 41) non solo per conservare i cibi in salamoia e i liquidi ma anche granaglie. Questi vasi erano d’argilla, con le pareti spesse, e le anse corte. Erano dotati inoltre di un’imboccatura larga chiusa da un coperchio di legno circolare. Pentole e ciotole appoggiate ad un treppiede servivano per bollire le verdure. 

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fig.41

L'alimentazione della civiltà minoica era caratterizzata da: finocchio, fave, lenticchie, cetrioli, zucche, pastinache, bietole, ravanelli. Cipolla, aglio, semi di origano servivano ad attenuare l'eccessiva amarezza o insipidità dei piatti. Nelle giornate di festa si mangiavano dolci con il miele cosparsi di semi di papavero o di sesamo; spesso vi si aggiungeva lo zafferano, molto apprezzato dal palato dei cretesi (fig. 42 donna che raccoglie zafferano) usato per insaporire cibi e bevande e colorarle di giallo.

42. donna con zafferano.jpg
fig.42

 

Il vino si ricavava da coltivazioni a terrazza: dopo essere stata raccolta in cestini, l'uva era lasciata fermentare per essere poi pigiata con i piedi in vasche di argilla. Si faceva colare il mosto in un bacino sottostante; il liquido era poi versato in orci d'argilla. Il travaso del vino rosso avveniva all'inizio del mese di novembre ed era accompagnato da danze e canti. Spesso vi si aggiungeva anice e ginepro per renderlo più profumato. Le giare erano poi chiuse con un tappo sigillato. Il vino era bevuto solo in occasioni solenni e poteva essere versato e offerto solo dal padrone di casa. Durante le cerimonie religiose era consacrato agli dèi assieme al miele. L'olio d'oliva, invece, aveva molteplici usi: dall'illuminazione alle unzioni sacre, alla cura per il corpo, alla medicina. Molto apprezzate erano le lumache (esportate  fino all'isola di Santorini) insieme alla carne, le uova dei pesci e dei crostacei. Si pescavano tonni in alto mare: in qualche pittura vascolare compare perfino un'orata. Il pesce veniva conservato sotto sale. Una curiosità riguardante la pesca: molto probabilmente i delfini aiutavano i pescatori ad attirare le acciughe verso le reti.

Culturnauti in cucina: lo stifado di vitello con cipolle

 

Come si prepara lo stifado di vitello con cipolle:

https://youtu.be/iuyR2XCSyfA

Bibliografia

    • S.Settis T.Montanari Arte. Una storia naturale e civile Dalla Preistoria alla Tarda Antichità volume 1 Edizioni Mondadori Education Einaudi Scuola, 2019 
    • AA.VV. Le civiltà Il Vicino Oriente e la Grecia volume I, Vallardi Edizioni Periodiche Milano, 1963
    • P. Faure La vita quotidiana a Creta ai tempi di Minosse Collana Biblioteca della storia, vite quotidiane edita dal Corriere della Sera e BUR, 2018
    • AA.VV. Moda L’evoluzione del costume e dello stile Edizioni Gribaudo, 2016
    • AA.VV. Cibo La storia illustrata di tutto ciò che mangiamo Edizioni Gribaudo,2018
    • S. Rinaldi Turi Creta e Micene Collana Arte e Dossier Gruppo Editoriale Giunti, 2021
    • M.Bettini S. Romani Il mito di Arianna Einaudi, 2016
    • G.Chiarini Odisseo Il labirinto marino Kepos Edizioni, 1991

Letture consigliate

    • C.W.Ceram Civiltà sepolte  Il romanzo dell’archeologia, 2015
    • G. Guidorizzi S. Romani In viaggio con gli dei Raffaello Cortina Editore, 2019
    • P. Mastrocola Amore prima di noi Einaudi, 2016

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