Dall'età alessandrina all'ellenismo

Dall'età alessandrina all'ellenismo

Quadro storico

La Macedonia nel IV secolo a.C. era situata a nord della Grecia e confinava a ovest con l'Epiro, a nord ovest con l'Illiria, a est con la Tracia e la Penisola Calcidica (fig.01). Il territorio era in prevalenza montuoso, popolato da fitte foreste, ricco di vallate solcate da corsi d'acqua. La popolazione praticava la poligamia, viveva soprattutto di pastorizia in villaggi sparsi e commerciava il legame. La capitale era Pella (fig.02). I commerci non erano molto sviluppati perché la morfologia del territorio era priva di insenature sfruttabili come porti; erano molto frequenti i contatti con le regioni a sud, tant'è vero che già nel VI secolo a.C. i macedoni parlavano la lingua greca e avevano assegnato nomi greci alle loro città; pur tuttavia erano considerati dai Greci alla stregua di barbari (vedi lezione Antica Grecia Un po' di storia)La Macedonia era una monarchia ereditaria di carattere patriarcale. La stirpe al potere era quella degli Argeadi che si consideravano i discendenti di Eracle. Il re governava affiancato dai compagni d'arme, i quali facevano parte della guardia reale e della parte scelta dell'esercito. La cavalleria si avvaleva di robusti cavalli allevati nelle fertili pianure della regione. C'erano poi gli opliti, per gran parte di estrazione contadina, ovvero i soldati dotati di pesanti armature che combattevano appiedati.

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fig.01
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fig.02

La mitica falange macedone, le armi e le strategie militari

La dinastia degli Argeadi (alla quale appartenevano Filippo II e il Figlio Alessandro Magno) ha conquistato il mondo grazie alla sua forza militare. Cavalleria e fanteria andavano a formare una falange, uno schieramento compatto difeso dalle sarisse, lunghe lance che potevano raggiungere la lunghezza di 5,50 metri con una punta affilata e un chiodo all'estremità da usare come arma nel caso in cui l'asta si spezzava in battaglia (fig.03). Vigeva, inoltre, per i soldati il divieto di separarsi.” Il fronte compatto delle lance smorzava l’attacco del nemico prima ancora di arrivare allo scontro corpo a corpo. Questa tecnica militare sarà adottata dai Romani nella celebre “testuggine” (fig.04)

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fig.03
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fig.04

La falange si componeva di 8 o 16 ranghi: i primi quattro disponevano le sarisse in modo che uscissero dal fronte così da rendere la formazione impenetrabile. La fanteria era divisa in battaglioni muniti di elmo, scudo, gambali e spada. Ai lati dello schieramento si disponeva la cavalleria e una falange minore sulla destra che, con una manovra di distrazione, attaccava l’ala sinistra del nemico dividendola e creando così dei varchi. Allora interveniva la cavalleria che colpiva la retroguardia e ne impediva la ritirata in modo da permettere all'esercito macedone di caricare definitivamente il nemico (fig.05)

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fig.05

Ufficiali specializzati dirigevano operazioni di attacco in cui venivano utilizzate le catapulte leggere, arieti e torri mobili per gli assedi, la costruzione di ponti. I contatti con la madrepatria avvenivano lungo le linee di comunicazione costruite dall'impero persiano. Si utilizzavano segnali ottici e staffette. C'erano inoltre i bematisti il cui compito consisteva nell’effettuare ricognizioni sul territorio per tracciare delle mappe topografiche (un po’ come farà Leonardo da Vinci per il Valentino nel XVI secolo). Per poter portare avanti una organizzazione bellica di tale portata Alessandro doveva riporre piena fiducia nei suoi generali, molti dei quali erano veterani di Filippo (come, ad esempio, Parmenione e Cratero).

Filippo II

Nel 359 a.C. sale al trono di Macedonia Filippo II (fig.06), il quale fu il primo a dedicarsi alla modernizzazione dell'esercito istituendo la falange macedone: grazie a queste nuove tecniche belliche arrivò ad espandersi nella penisola calcidica (348 a.C.) e ad avere uno sbocco sul Mar Egeo. In seguito, conquisterà a nord est la Tracia. Filippo sposa Olimpiade (fig.07) (vedi sitografia), figlia del re dell'Epiro e si erge a mediatore tra le poleis greche in occasione di una guerra scoppiata per il possesso del tesoro del santuario di Delfi (356- 346 a.C.) Si schiera al fianco di Tebe contro la Focide (alleata con Sparta e Atene) e diventa arbitro della politica greca imponendo la sua egemonia. Quando Filippo II occupa la Grecia centrale, Atene fonda una Lega che nel 338 a.C. si scontra con l'esercito macedone a Cheronea in Beozia ove viene pesantemente sconfitta. Filippo ora controlla tutta la Grecia; il suo vero intento sin dall'inizio era in realtà quello di guidare tutte le poleis in una spedizione contro l'impero persiano. Nel 337 a.C. istituisce a Corinto una Lega panellenica da lui presieduta per organizzare l'attacco. Tutte le città dovevano fornire contingenti all'impresa: in caso di vittoria esse avrebbero riottenuto il controllo dei commerci nel Mar Egeo (perduto sin dai tempi della guerra del Peloponneso (vedi lezione Antica Grecia Un po’ di storia). Nel 336 a.C. Filippo viene però assassinato in una congiura di palazzo mentre stava partecipando alla celebrazione del matrimonio della figlia Cleopatra. Il suo sogno di conquista sarà portato avanti oltre le sue aspettative dal figlio Alessandro.

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fig.06
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fig.07

L’espansione macedone con Alessandro Magno

Alessandro eredita a soli vent'anni il trono del regno macedone. Una delle sue prime iniziative è stata la repressione brutale delle rivolte scoppiate in Tracia ed Illiria, territori in cui, dopo la morte di Filippo, le popolazioni agognavano di riacquistare l'autonomia perduta. Anche Tebe si ribellò, motivo per cui il giovane sovrano rase al suolo la città deportandone gli abitanti. Nel 334 a.C. Alessandro attacca la Persia con un contingente di 35.000 fanti e 5000 cavalieri. Attraversa l’Ellesponto, approda a Troia ove rende simbolicamente omaggio alla tomba di Achille, poi prosegue verso est e sconfigge a Granico i Persiani. Lo scontro campale con l'esercito nemico avviene però a Isso nel 333 a.C: In questa occasione Dario III si dà alla fuga. Le città dell'Asia minore salutano il giovane re e condottiero macedone come il liberatore dal dispotismo del Gran Re (titolo attribuito al sovrano achemenide). Il piano di Alessandro consiste nell’indebolire innanzitutto l'impero persiano conquistando tutte quelle città che lo avevano reso florido e che ospitavano la flotta nemica: ecco allora la presa di Tiro, Sidone, Biblos, Damasco (zona siro- palestinese). Anche l'Egitto cade senza opporre un'eccessiva resistenza e gli attribuì il titolo di faraone: si dice che quando Alessandro si recò presso l'oracolo del dio Amon, quest'ultimo lo riconobbe come “figlio di Dio”. A Menfi il giovane conquistatore riceve il titolo di “faraone dell'alto e del basso Egitto”. E’ proprio sulla sponda occidentale del Nilo che Alessandro fonda Alessandria d'Egitto, la città destinata a subentrare ad Atene come il centro economico e culturale più importante del mondo antico. Risalendo verso est i macedoni conquistano la Mesopotamia ove, nel 331 a.C., a Gaugamela sconfiggono ancora una volta i persiani. Durante l'ennesimo inseguimento di Dario III Alessandro conquista Babilonia, Susa, Pasargade, Persepoli. Quest’ultima città viene rasa al suolo per vendicare la distruzione dell'acropoli di Atene avvenuta nel 480 a.C. per mano dei persiani. A Battriana viene a sapere della morte di Dario, ucciso a tradimento da un satrapo (vedi sitografia). Dopo averlo vendicato, Alessandro si autoproclama sovrano di Persia. Nel 327 a.C. inizia a reclutare le truppe tra i soldati persiani al fine di spingersi ad est oltre dell' Indo, ai confini orientali del mondo allora conosciuto. Pur avendo sconfitto il sovrano indiano Poro (i suoi elefanti, colpiti dalle lance macedoni, gli si rivoltarono contro) non riesce però ad andare oltre il fiume perché l'esercito stremato chiede di far rientro. Alessandro decide di congedare le truppe greche e di proseguire solo con i suoi soldati più fedeli e con i mercenari stranieri; tuttavia deve fermarsi perché tra le file dell’esercito macedone continua a diffondersi il malcontento. Lungo la strada del ritorno, attratto dalla scienza e dalla geografia, affida a Nearco (vedi sitografia) l'importante missione di esplorare la valle dell'Indo fino alla foce dell'Eufrate nel Golfo Persico. L'ammiraglio descrisse poi in un articolato resoconto le informazioni acquisite sulla flora e la fauna dei territori attraversati. Nel 323 a.C. il giovane sovrano, giunto a Babilonia, muore a 33 anni dopo un banchetto, si dice a causa di un attacco di malaria (vedi sitografia). Il suo impero si estendeva dalla Grecia ai confini dell’India (fig. 08). Una curiosità: egli era molto legato al cavallo Bucefalo, suo compagno di battaglie. Quando l'animale morì Alessandro fondò varie città con il suo nome man mano che procedeva nelle conquiste.

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fig.08

Il segreto del successo delle conquiste di Alessandro Magno 

Quali sono i motivi delle inarrestabili vittorie conseguite da Alessandro Magno? A prescindere dalla preparazione bellica delle sue armate e dalla sua abilità come stratega, egli seppe sfruttare a suo favore i punti deboli del nemico. L'esercito persiano, infatti, aveva perso il mito dell'invincibilità che lo contraddistingueva sin dai tempi di Dario I e Serse (vedi sitografia). Le popolazioni sottomesse che erano entrate a far parte dell'impero, inoltre, non si erano mai completamente amalgamate e i satrapi tendevano sempre più a reclamare l’ autonomia. L’esercito persiano ormai era comandato da generali rivali tra loro. Alessandro ebbe anche il merito di saper apparire agli occhi delle popolazioni oppresse dal Gran Re come un liberatore dalla tirannia e dal dispotismo persiano.

….e i suoi punti deboli

Occorre però spiegare anche i punti deboli del piano di conquista del giovane re. La flotta macedone non era molto forte così come erano scarse le risorse per finanziare l'impresa. La Lega panellenica gli fornì solo 180 navigli che non erano nemmeno da guerra ma servivano per il trasporto. Dal canto suo, Alessandro non volle comunque costringere le poleis greche a cedergli tutta la flotta perché ciò avrebbe suscitato un profondo malcontento e avrebbe fatto risultare come vincitori dell'impresa non solo i macedoni ma anche tutte le città greche. Mosso da necessità economiche, fu costretto a rinviare in Grecia quelle navi i cui equipaggi risultavano assai gravosi da mantenere; il suo esercito divenne sempre più composto in prevalenza da elementi orientali e, dunque, sempre meno amalgamato, così come avveniva tra le file nemiche. Egli contava sul fatto di rifornirsi di viveri e di mezzi mentre procedeva nelle conquiste. Ad un certo punto, dopo la sconfitta di Poro, l'armata macedone, se pur vincente, aveva ormai perso ogni energia ed entusiasmo così da costringere il sovrano a rientrare.

L'evoluzione del sogno di Alessandro

Alessandro all'inizio intraprende il suo progetto di espansione per realizzare il sogno del padre ovvero sconfiggere definitivamente l'impero persiano. Man mano che ciò si realizza egli pensa di dar vita ad un impero universale che possa varcare i confini del mondo allora conosciuto. Egli é mosso non solo da intenti imperialistici, ma anche dalla curiosità scientifica e geografica e tra i suoi obiettivi c'era anche quello di scoprire nuove vie di traffici commerciali che unissero la Grecia all'India. Alessandro riuscì a farsi riconoscere come sovrano legittimo sia dai persiani sia dalle popolazioni delle poleis greche e cercò di portare avanti una politica di integrazione assegnando i territori man mano conquistati a funzionari macedoni e ai persiani che si dimostravano fedeli. Quest’ultima decisione non fu mai accettata dai suoi compagni d’arme e dall’esercito greco. Il giovane re sposò prima Rossane e poi Statira (vedi sitografia), due principesse persiane, proprio per dare l’esempio e incoraggiare l'unione tra i suoi soldati e le donne dei paesi conquistati. Alessandro acquisì dagli orientali la pratica della PROSKÝNESIS (fig.09), imposta a tutti i suoi sudditi che erano al suo cospetto, i quali erano obbligati a inginocchiarsi in atteggiamento adorante come dinanzi a un dio: questo ovviamente non fu mai digerito dagli occidentali perché consideravano l'atto lesivo della dignità umana. I suoi più fedeli seguaci iniziarono a ribellarsi quando il sovrano ordinò che gli fossero tributati culti ed onori alla maniera degli dèi olimpici. Alessandro prese queste decisioni perché sapeva che le popolazioni orientali da lui conquistate, grazie all'adozione di queste pratiche, avrebbero accettato più facilmente il suo imperio, ma i suoi compagni d’arme, che erano cresciuti con il sovrano e avevano con lui condiviso gioie e dolori sin dalla più tenera età e, dunque, lo consideravano un loro pari, si rifiutarono di conformarsi a questa usanza. Si creò allora un clima di ostilità tale da far supporre che la sua morte sia stata causata da avvelenamento (fig.10).

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fig.09
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fig.10

L'organizzazione dell'impero

Gli antichi sostengono che Alessandro aveva fondato ben 610 città, ma gli storici moderni gliene riconoscono solo 34. Esse dipendevano direttamente dal re o dai suoi rappresentanti, i satrapi. Mantenne gli archivi, gli uffici e i funzionari del regime persiano, mise a capo di alcune province i generali macedoni e stabilì governi militari in India. A seconda della situazione storico politica Alessandro affidava al satrapo di turno meri poteri di rappresentanza o anche l'amministrazione delle finanze o l'organizzazione militare mostrando, in questa scelta, grande flessibilità e abilità politica perché seppe agire in modo da non suscitare il malcontento delle popolazioni conquistate. Tuttavia, per poter controllare l'operato dei satrapi, essi vennero affiancati da un episcopo, un ispettore dipendente direttamente dal sovrano. Molte spese erano impiegate non solo per equipaggiare e rifornire l'esercito, ma anche per pagare i funzionari e le ricche feste di corte. C'erano tuttavia delle disparità in materia fiscale perché la Macedonia, ad esempio, pagava imposte minime così come le poleis greche. Nei territori di recente conquista, non potendo forzare la mano, si accontentò di riscuotere una cifra globale dai suoi funzionari ed era compito di questi ultimi pensare a come riscuoterla: ecco allora il motivo per cui aumentarono vertiginosamente i dazi doganali da pagare per far passare le merci da una satrapia all’altra. Ogni regione si avvaleva poi di diverse imposte fondiarie, in alcuni territori sostituite da quelle che in epoca medievale verranno chiamate corvée (prestazioni di lavoro gratuito al signore) o da pagamenti in natura. Purtroppo, Alessandro morì proprio quando stava dando inizio alla fase ultima del suo progetto: pianificare l'unità dell'impero anche per quanto riguardava la riforma fiscale. Quando arrivò in Egitto la sua curiosità scientifica lo fece appassionare ai sistemi di irrigazione. Favorì inoltre bonifiche, costruzioni di pozzi e cisterne, migliorò l'allevamento grazie agli incroci delle razze del bestiame. Costruì ponti e cinte fortificate sulle vie carovaniere, ingrandì e costruì ponti sul Mediterraneo e cercò di mettere in comunicazione il Golfo Persico con l'Egitto, coniò l'alessandrino (fig.11). Tuttavia, sotto il suo regno non avvenne mai quella fusione di popoli da lui fortemente auspicata anche perché, per motivi diplomatici, lui stesso ne salvaguardò tradizioni ed usanze. Occorre però sottolineare che fu conquistato dal fascino della cultura orientale, un po’ come succederà per l'imperatore romano Adriano.

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fig.11

Alessandria d'Egitto

Capitale del suo impero divenne Alessandria d'Egitto (fig.12), città fulcro dell'economia mondiale perché posizionata nel punto di incontro tra il Mar Rosso, il Mediterraneo e il retroterra asiatico. Fondata nella zona del delta del Nilo, aveva un porto che doveva essere visibile a chilometri di distanza. Qui giungevano le mercanzie dell'Oriente per essere poi smerciate verso i mercati del Mediterraneo. 

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fig.12

La città era caratterizzata da vie che si intersecavano ad angolo retto secondo la tipologia di pianta ideata da Ippodamo di Mileto che tra l’altro, per volere di Alessandro, doveva ricordare la forma del mantello macedone. Alessandria era suddivisa in 5 quartieri ed era famosa per la celebre biblioteca (vedi sitografia) (fig.13), l'ippodromo, il tempio di Serapide (fig.14), il cui culto era il risultato della fusione tra Osiride e Zeus. Celebre era il suo faro, una delle 7 meraviglie del mondo antico (vedi lezione Le 7 meraviglie dell'antichità). La biblioteca era fornita di oltre 700.000 rotoli di papiro; qui erano catalogati tutti i testi scritti della cultura greca. Tolomeo I (fig.15) (vedi sitografia) aveva mandato missive a tutti i potenti della terra per invitarli ad inviargli opere di tutti gli autori disponibili. Diede ordine di sequestrare tutti i libri che si trovavano sulle navi che avevano fatto scalo ad Alessandria per poi copiarli mentre ai possessori venivano restituite delle copie. 

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fig.13
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fig.14
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fig.15

Sulla strada principale di Alessandria c'erano negozi, bazar, case a più piani dati in affitto a commercianti di passaggio. Il museo (casa delle Muse) (fig.16) voluto da Tolomeo I fungeva da vero e proprio centro di ricerca per l'astronomia, la botanica, la zoologia. Tra i maestri che impartivano lezioni c'era anche Eratostene (vedi paragrafo sui viaggi e le scoperte geografiche).

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fig.16

La formazione di Alessandro

L’ apertura di vedute che contraddistingue Alessandro nasce essenzialmente dal fatto che ha avuto come tutor, durante la sua giovinezza, il noto filosofo e scienziato Aristotele (vedi sitografia). Il giovane sovrano volle che i figli dei suoi veterani e quelli dei nobili iraniani fossero istruiti alla lingua e alla cultura greca perché profondamente convinto della superiorità di quest’ultima. Dal punto di vista delle arti figurative però subì il fascino del gusto orientale, soprattutto in campo architettonico. Grazie al suo progetto di espansione i Greci sono venuti a diretto contatto con le civiltà orientali che incominciarono a considerare non più alla stregua di barbari.

Alcune curiosità sulle battaglie

Dopo la sconfitta di Isso nel 333 a.C. Dario III aveva offerto ad Alessandro la pace insieme alla cessione della maggior parte dei territori in Asia minore, ma il macedone rifiutò perché pensava che la Persia dovesse essere conquistata con l’onore delle armi, così come avrebbe sicuramente voluto il padre Filippo. Alla vigilia della battaglia di Gaugamela nel 331 a.C. i soldati persiani erano demotivati perché erano stati terrorizzati da eventi atmosferici straordinari che avevano avuto luogo in quei giorni: le fonti babilonesi parlano di una luna rossa come sangue e di fuoco che cade dal cielo, segni interpretati dagli indovini persiani come infausti e presaghi della sconfitta.

La nascita dei regni ellenistici (fig.17)

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fig.17

Gli storici chiamano età ellenistica il periodo compreso tra la morte di Alessandro Magno e la conquista romana del Regno d'Egitto. Il giovane sovrano aveva costruito un impero che andava dalla Macedonia all'Asia fino ad arrivare ai confini con l'India. Le poleis greche, fatta eccezione per Sparta, erano sue alleate nella Lega panellenica. Alla sua morte risultavano suoi eredi diretti il fratellastro Filippo Arrideo (epilettico) e il figlio Alessandro IV avuto da Rossane, di età giovanissima. Data la situazione è chiaro che ne approfittarono i generali diàdochi, ovvero i compagni d’arme e successori di Alessandro, che iniziarono a farsi la guerra, al termine della quale l'impero alessandrino venne così suddiviso: Regno dei Seleucidi in Asia, Regno dei Tolomei in Egitto e quello di Macedonia. Il Regno dei Seleucidi aveva come capitale Antiochia, era il più vasto ed il più soggetto alle ribellioni. Da esso si staccò nel 263 a.C. il Regno di Pergamo, governato dalla dinastia degli Attalidi, che prende il nome dalla capitale. Il Regno d'Egitto (con capitale Alessandria d’Egitto) era governato dal compagno d'armi di Alessandro Tolomeo. Il Regno di Macedonia era retto dalla dinastia degli Anticonidi e continuò ad avere come capitale Pella. Antipatro ne fu il primo governatore cui successe nel 317 a.C. il figlio Cassandro, il quale assassinò tutti i coloro i quali si opposero alla sua reggenza, tra cui Olimpiade (la madre di Alessandro Magno), Rossane (la prima moglie di Alessandro) e il figlio avuto da lei Alessandro IV. I regni ellenistici erano monarchie assolute; il sovrano sceglieva i suoi funzionari, di origine greco- macedone, ed era coordinato da un primo ministro con il compito di amministrare lo stato. Molto importante era l’esercito composto da mercenari sempre di origine greco- macedone. Continuando la tradizione di Alessandro, i diàdochi si facevano venerare alla stregua delle divinità. In campo economico detenevano dei veri e propri monopoli ed erano proprietari di numerose terre. In questo periodo la cultura greca si diffonde ad Oriente insieme alla koiné diàlektos, ovvero l'evoluzione del greco classico, adattato e semplificato, che diventa la lingua veicolare. Nasce un sentimento cosmopolita che si oppone alla particolarità delle poleis anche grazie allo sviluppo dei commerci. Le città diventano importanti centri economici ed amministrativi, soprattutto Alessandria d'Egitto, Pergamo, Antiochia, Rodi e Mileto. 

L’economia nei regni ellenistici

Nel Regno d’Egitto (fig.18) tutta la terra apparteneva ai Tolomei che potevano darla anche in concessione. Era coltivata dai basilikoi gheorgoi, contadini organizzati in villaggi e fattorie reali. Il grano prodotto era di proprietà del sovrano ed era trasportato ad Alessandria per via fluviale. Il monopolio più redditizio era quello dell'olio, la cui filiera era completamente statalizzata (dalla coltivazione alla distribuzione): era il re a stabilire ogni anno quanto se ne doveva produrre e a fissarne il prezzo. Altri monopoli riguardavano la fabbricazione del papiro, l'estrazione dei minerali, la produzione del sale, la fabbricazione e la tintura dei tessuti, la produzione del vetro. Esisteva un'unica banca con sede ad Alessandria e con filiali nei vari villaggi. 

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fig.18

Nel Regno di Pergamo (fig.19), invece, era la fabbricazione della pergamena ad essere soggetta al monopolio in modo da rifornire la biblioteca senza ricorrere al costoso papiro egizio. In questo periodo decadono le poleis greche soprattutto in campo economico a causa dell'apertura delle nuove rotte di comunicazione che riforniscono i mercati mediterranei di nuovi manufatti di pregio di provenienza orientale. Si crea così una forte concorrenza ostile ai lavoratori greci; a ciò si deve aggiungere che comincia a non esserci più grano sufficiente per tutti e questo provocò frequenti carestie, l’aumento delle imposte e, di conseguenza, anche il numero degli schiavi per debiti.

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fig.19

La cultura in epoca ellenistica

Nel periodo ellenistico l'educazione nelle città greche era gestita dalle amministrazioni cittadine; nascono le scuole elementari (pensate che nella Ionia erano frequentate da fanciulli di entrambi i sessi anche se il livello di istruzione superiore era però appannaggio solo dei ragazzi). Al centro dell'educazione c’era il ginnasio (spesso fornito di biblioteca): qui si formava la futura classe dirigente che studiava i rudimenti della grammatica, poesia, musica e retorica insieme alle attività sportive. Chi però voleva approfondire lo studio della filosofia e delle scienze doveva ricorrere a maestri riconosciuti. In Egitto solo i Greci potevano frequentare i ginnasi. Gli Ebrei erano ghettizzati in tutte le città del regno ove vivevano in comunità appartate anche se avevano scelto di adottare la lingua greca (nel III e nel II secolo hanno curato ad Alessandria la traduzione in greco della Bibbia). Con la cultura ellenistica decadono i valori alla base della polis, un tempo al centro della riflessione dell'Accademia e del Liceo (vedi lezioni Antica Grecia Alimentazione sport) e il cittadino si trasforma in suddito. Lo possiamo vedere anche in campo letterario: protagonista delle commedie contemporanee diviene la gente del popolo e la sua vita quotidiana; scompaiono dunque le riflessioni di carattere etico -religioso su cui era incentrato il teatro precedente.

Le scoperte scientifiche e tecnologiche

L’età ellenistica si contraddistingue per le importanti scoperte scientifiche. In campo filosofico si diffonde il pensiero di Aristotele, il quale si occupa anche di classificare le varie categorie del sapere. Euclide (300 a.C.) (vedi sitografia) si occupa di geometria; nei suoi Elementi parla di aritmetica mentre nell'Ottica si occupa della propagazione e della rifrazione della luce. Eraclide di Eraclea (vedi sitografia) tratta della rotazione della terra attorno al proprio asse. Aristarco di Samo (vedi sitografia) sostiene la rivoluzione del nostro pianeta attorno al sole. Archimede (278- 212 a.C.) (vedi sitografia) scopre il principio del peso specifico dei corpi e la legge della leva. Gli astronomi ellenistici adottarono i metodi di osservazione dei Babilonesi. Alessandria sostituisce Atene come centro del sapere anche se gli scienziati erano più attratti dalla soluzione dei problemi teorici che non dai loro risvolti pratici (forse perché provavano disprezzo per le arti meccaniche). Nonostante ciò, a questo periodo risalgono invenzioni come la puleggia, la pompa a mano, la vite senza fine, la ruota gru. Nel campo della medicina Erofilo di Calcedonia (IV-III secolo a.C.) (vedi sitografia) distinse le vene dalle arterie ed operò le prime dissezioni anatomiche. Furono inventati molti strumenti chirurgici e Apollonio di Cito (vedi sitografia) lavorò ai primi schemi delle operazioni. Una curiosità: proprio nel I secolo a.C. viene inventato un meccanismo per aprire automaticamente le porte di un tempio grazie all’utilizzo del fuoco e dell’acqua (un sistema simile sarà alla base del funzionamento della macchina a vapore!).

La filosofia

In campo filosofico Pirrone (vedi sitografia) si diffonde lo scetticismo, una dottrina che mette in discussione qualsiasi certezza. Con l'epicureismo nel 306 a.C., invece, si esaltavano i valori quali la felicità e il benessere dell'uomo e la ricerca dell'equilibrio interiore. Con lo stoicismo Zenone di Clizio (335- 265 a.C.) (vedi sitografia) sostiene come il cammino verso la felicità debba essere percorso seguendo la ragione e intervenendo attivamente nella vita sociale. 

I viaggi e le scoperte geografiche

L'espansione ellenistica ampliò i confini del mondo: Alessandro stesso cercò di attraversare il Mar Caspio non arrivando tuttavia alle coste settentrionali. Il navigatore Pitea di Gades (IV secolo a.C.) (vedi sitografia) salpò dalla Spagna del nord per raggiungere l'Inghilterra. Eudossio e Ippalo (vedi sitografia) nel 117 a.C. sfruttarono i venti monsonici per arrivare in India partendo dal Mar Rosso. Eratostene (vedi sitografia) nel III-II secolo a.C. divise la terra in continenti e misurò il meridiano terrestre. Claudio Tolomeo nel II secolo a.C. riporta la latitudine e la longitudine in gradi di vari luoghi terrestri (nelle sue mappe c’é anche la Cina).

 

La religione

La religione

I Greci, nel periodo alessandrino e in epoca ellenistica, mostrarono una notevole apertura alle altre religioni. Diffusero così i loro dèi, ma allo stesso tempo inclusero quelli stranieri nel loro pantheon dando così origine ad un sincretismo (mescolanza religiosa) nell'ambito del quale Amon é Zeus, Hathor é Afrodite, Iside è Demetra, Osiride é Dioniso (per la spiegazione degli dèi egiziani vedere lezione Antico Egitto e per gli dèi greci la lezione Antica Grecia Il mito e la religione). Si diffusero inoltre l'orfismo e il culto dei misteri eleusini (vedi lezione Antica Grecia Il mito e la religione).

La conquista romana della Macedonia

Il periodo ellenistico ebbe fine con la conquista romana. L’avvicinamento del potente nemico aveva come causa principale la lotta ai pirati illiri che infestavano le coste del mar Mediterraneo. In seguito alla vittoria della battaglia di Pidna nel 167 a.C. Roma divise la Macedonia in quattro repubbliche indipendenti sotto il suo controllo.

L'arte nell'età ellenistica

Durante il periodo ellenistico la committenza delle opere d'arte dei monumenti architettonici era nelle mani dei diàdochi (successori di Alessandro Magno). L'idea che doveva essere trasmessa era quella di grandiosità, magnificenza, ostentazione del potere. Nelle città assume importanza il portico colonnato che inquadrava le piazze e le strade e al contempo favoriva gli incontri essendo uno spazio al coperto.

Zeus Olimpio ad Atene (Olympieion) (174 a.C.-130 d.C.)  (Fig.20) Tempio diptero octastilo (vedi lezione Antica Grecia L'arte), la sua costruzione è stata iniziata nel VI secolo a.C., ma il progetto rimase in sospeso perché troppo grandioso per essere completato (pensate doveva avere ben 104 colonne!). Nel 175 a.C. Antioco IV lo riprende in età ellenistica optando per l'utilizzo dell'ordine corinzio (vedi lezione Antica Grecia L’arte), più elegante e fastoso. Il tempio, tuttavia, rimase incompiuto e alcune colonne nell’85 a.C. verranno reimpiegate dai romani per l'edificazione del tempio di Giove Capitolino a Roma. L'Olympieion sarà completato solo sotto il regno dell'imperatore Adriano nel 130 d.C.

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fig.20

Tra architettura e scultura: l'altare di Pergamo

Altare di Zeus Soter (salvatore) e Atena Nikephòros (portatrice di vittoria) (190 -160 a.C.) (fig.21) Berlino Museo di Pergamo L'altare è stato ricostruito in parte utilizzando i resti rinvenuti da archeologi tedeschi alla fine dell'Ottocento a Pergamo. L’ edificio si componeva di una piattaforma monumentale eretta su un podio e aveva due ali laterali aggettanti che inquadravano una scalinata d'accesso. Al centro di uno spazio centrale era situato l'altare per i sacrifici circondato da un porticato con colonne di ordine ionico. Sul recinto esterno correva un fregio dedicato alla Gigantomachia, lungo 120 m, in cui la lotta tra dèi e giganti viene raccontata attraverso l'illustrazione delle singole battaglie. Ciascun protagonista è identificato con un'iscrizione per rendere riconoscibili anche personaggi minori. Trionfano i corpi in torsione e la resa drammatica della vicenda, il cosiddetto pathos. Viene portata avanti la lezione di SKopas (vedi lezione Antica Grecia L'arte).

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fig.21

Atena e Alcineo, Ghé e Nike fregio della Gigantomachia (190- 160 a.C.) (fig.22) Le figure riempiono lo spazio dei pannelli in maniera concitata e non più equilibrata come avveniva, per esempio, nei fregi del Partenone (vedi lezione Antica Grecia L'arte) laddove tutto era ricondotto ai principi di equilibrio e di armonia voluti dalla ragione in lotta contro la barbarie. In questo pannello Atena afferra per i capelli Alcineo. Il gigante é reso con una muscolatura possente, nell'atto di torcere il busto e di far leva sul ginocchio per cercare di resistere alla presa della dea. I capelli appaiono scomposti quasi come se fossero delle spire, gli occhi sono sbarrati dall'orrore. A destra in primo piano Ghé (la terra) guarda al cielo con aria supplice e tende un braccio verso l'alto. La lotta è descritta in maniera concitata. La punizione di chi si oppone agli dèi risulta ineluttabile e violenta. Questa tensione verso il movimento e la drammaticità ha fatto parlare di barocco pergameno.  

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fig.22

Scultura

Apoxyomenos di Lisippo copia romana in marmo di un originale in bronzo (320 a.C.) (fig.23) Città del Vaticano museo Pio Clementino Lisippo è nativo di Sicione nel Peloponneso. L'artista pone le premesse alla scultura ellenistica e chiude la stagione dell'età classica. Alessandro Magno (pensate!) voleva essere ritratto solo da lui. Delle opere da lui realizzate non ci é giunto alcun originale ma solo copie in marmo. L’Apoxyomenos non rappresenta un atleta vincitore o nell'atto della gara, ma è ripreso (come afferma lo stesso nome della statua) mentre si sta detergendo con lo strigile (raschiatoio), lo strumento usato dagli sportivi per togliersi dalla pelle l'olio misto a sudore e alla polvere (vedi lezione Antica Grecia Alimentazione e sport). Lisippo sembra rinnovare la lezione di Policleto (vedi lezione Antica Grecia L’arte) perché il corpo sembra spostarsi continuamente, cambiando così anche la distribuzione dei pesi. La gamba flessa, infatti, sembra divaricarsi mentre di un piede si solleva leggermente solo il tallone e il braccio sinistro si sposta in avanti a raschiare il destro. Per la prima volta il movimento di una scultura sembra conquistare lo spazio in cui è collocata. E’ la figura umana in un atto di quotidianità quella che si intende rappresentare e non più l'assoluto e la perfezione. Con lo stesso spirito di osservazione Lisippo è stato l’autore di numerosi ritratti di Alessandro Magno in cui prevale la componente psicologica (vedi erma di Alessandro Magno 335 323 a.C. Museo del Louvre) (fig.24)

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fig.23
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fig.24

Galata morente I secolo d.C. Copia romana in marmo di un originale del 220 a.C. circa Roma Musei capitolini (fig.25) A Pergamo il re Attalo I fece erigere un monumento per ricordare la vittoria sui Galati, un popolo celtico che aveva cercato di invadere l'Asia minore. Chiamato grande donario, la struttura è opera dello scultore pergameno Epigono. Il complesso prevedeva statue bronzee di Galati morenti che circondavano il Galata suicida. La copia romana in marmo del Galata morente rappresenta il guerriero celtico accasciato a terra mentre si osserva la ferita mortale infertagli al costato e al contempo cerca di alzarsi.  Sul suolo sono visibili le sue armi. Il personaggio è caratterizzato da una folta capigliatura, i folti baffi e al collo indossa il torque (fig.26), una grossa collana metallica. 

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fig.25
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fig.26

Il senso di fierezza che lo caratterizza è comune anche al gruppo del Galata suicida (I secolo a.C.-I secolo d.C.) copia romana di un originale in bronzo del 230 a.C. Roma palazzo Altemps (fig.27) Qui un guerriero é rappresentato nell'atto di darsi la morte con una pugnalata dopo aver ucciso la sua compagna, che sta sorreggendo, per non cadere vivo nelle mani dei nemici vincitori (una scena molto simile apparirà sulla colonna traiana nella morte di Decebalo). Il corpo é in torsione: l'uomo gira la testa di scatto all'indietro verso i nemici in atteggiamento fiero. Le gambe divaricate e il mantello svolazzante gli conferiscono dinamismo. Per la prima volta ci troviamo dinanzi alla rappresentazione dei vinti e non dei vincitori: i primi però sono ripresi nel momento di darsi la morte in un atteggiamento di orgoglio e fierezza proprio per sottolineare la loro grandezza morale. In questo modo si esaltava indirettamente la potenza del popolo vincitore. Le statue sono state rinvenute nel XVII secolo a Roma in occasione della costruzione di Villa Ludovisi.

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fig.27

Nike di Samotracia (190 a.C.) Museo del Louvre (fig.28) La statua, rinvenuta nel 1863 nell'isola di Samotracia, rappresenta una vittoria alata che in origine era posta su un piedistallo a forma di prua, nell'atto di spiccare il volo. La gamba sinistra arretrata conferisce slancio mentre la destra é protesa in avanti. Le enormi ali aperte denotano un'osservazione attenta del piumaggio degli uccelli. La scultura sembra penetrare con dinamismo nello spazio circostante ed è oggetto di due forze contrastanti: l'attrito dell'aria da una parte e la spinta del corpo in avanti dall'altra. Da notare il panneggio della veste mossa dal vento che si aggroviglia nella parte inferiore mentre la parte superiore aderisce sempre più al corpo fino a far intravedere le forme sottostanti (un altro esempio di panneggio bagnato lo abbiamo visto nel Partenone nel gruppo delle tre dee che assistono alla nascita di Atena vedi lezione Antica greca L'arte). Trionfa così un forte senso del chiaroscuro. Le linee salgono dal basso, dai due lati della figura, si incrociano e salgono ancora per terminare in corrispondenza della curvatura delle ali. La statua acefala é priva di braccia: forse quello destro era proteso in avanti e il sinistro era lungo il fianco o piegato per reggere un'asta.

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fig.28

Laocoonte e i suoi figli Agesandros, Athenodoros, Polydoros (II secolo a.C) Città del Vaticano Musei Vaticani (fig.29) Quest'opera, molto probabilmente un originale, è venuta alla luce nel 1506 sul Colle Esquilino a Roma. Dell'episodio raffigurato parla Plinio il Vecchio nel I secolo d.C: quando i Greci fingono di ritirarsi e lasciano dinanzi alle porte di Troia un enorme cavallo di legno come simbolo della loro sconfitta, il sacerdote troiano Laocoonte ammonisce i suoi concittadini a non fidarsi e a non accettare il dono. Per questo motivo Atena farà sorgere dal mare due enormi serpenti che andranno ad uccidere Laocoonte insieme ai suoi due figli. Il pathos e la drammaticità ricordano le figure istoriate sull'altare di Pergamo. Laoconte al centro torce il busto in un moto a spirale, i muscoli si tendono per lo sforzo nel combattimento con i serpenti, gli occhi sono sbarrati per il dolore e l'angoscia. Il giovane a destra è riuscito a divincolarsi dalla stretta e guarda terrorizzato il padre mentre il fratello a sinistra sembra aver rinunciato alla lotta. Gli autori del gruppo scultoreo sono Agesandros, Athenodoros, Polydoros originari di Rodi. Michelangelo nel XVI secolo rimarrà profondamente impressionato e ispirato da questa scoperta che influenzerà profondamente il manierismo.

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fig.29

Venere di Milo (100 a.C.) Museo del Louvre (fig.30)La statua è stata rinvenuta priva di braccia sull'isola di Milo nel 1820. Rappresenta probabilmente la Venere vincitrice della mela d'oro, premio che Paride le assegnò come la più bella tra le dee (alla competizione parteciparono anche Atena ed Era): si pensa infatti che in origine la scultura reggesse il pomo in una mano mentre con l'altra tratteneva il drappo che ne ricopre il corpo per metà. Da notare il forte chiaroscuro del panneggio. Al contrario della maggior parte delle sculture fino ad ora analizzate, nella Venere di Milo trionfa l'imperturbabilità dell’ideale classico di bellezza; solo la torsione del busto ci riporta all'arte ellenistica. Una curiosità: il braccio presenta alcuni fori di fissaggio perché la statua in origine probabilmente era ornata da gioielli in metallo (bracciali, orecchini, una fascia per capelli).

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fig.30

Vecchia ubriaca (302 -180 a.C.) copia romana in marmo dall’originale Musei capitolini Roma (fig.31) L'arte ellenistica vede anche la comparsa di temi ispirati alla vita quotidiana così come avviene nell'ambito del teatro contemporaneo con la commedia nuova di Menandro (vedi paragrafo Teatro e Letteratura). La donna qui ritratta, ad esempio, mostra tutti i segni di un’età avanzata; è seduta per terra e stringe tra le gambe un grosso fiasco di vino decorato con foglie di edera chiamato làgynos. Esso era molto utilizzato durante le feste istituite da Tolomeo IV in onore del dio Dioniso in occasione delle quali si beveva vino in abbondanza proprio da questi recipienti: probabilmente la scultura rappresenta una partecipante alle celebrazioni. Il volto dagli zigomi pronunciati è solcato dalle rughe. La donna appare quasi in estasi, causata dalla bevanda. La risata é sguaiata, la testa è ripiegata all'indietro. Notiamo il fitto panneggio della veste con una spallina scivolata simbolo di una perduta attrattiva erotica. Questo tipo di rappresentazione così fedele alla natura nasce anche in conseguenza dei progressi contemporanei fatti dalla medicina e da una conoscenza più approfondita dell'anatomia del corpo umano.

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fig.31

Il Nilo copia romana del I-II secolo d.C. di un originale ellenistico Roma Musei Vaticani (fig.32) La scultura è stata rinvenuta a Roma presso il tempio di Iside. È un esempio di personificazione delle forze della natura in età alessandrina. Il Nilo qui appare come un vecchio con la barba, iconografia che ritroveremo anche nelle epoche successive. A destra figura la sfinge. La corona, la cornucopia, il corno dell'abbondanza e le spighe rimandano alla prosperità causata dalle piene del fiume. I 16 bambini che si arrampicano sul corpo del Nilo invece simboleggiano i cubiti che contraddistinguono la sua altezza quando è in piena.

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fig.32

Spinario (V secolo a.C.-I secolo a.C.) Roma Musei capitolini (fig.33) Un altro esempio di scultura che trae ispirazione dalla vita quotidiana é lo Spinario ovvero un ragazzo che si sta estraendo una spina dal piede. Questa versione in bronzo, conservata presso i Musei Capitolini, probabilmente è frutto di una fusione tra il corpo, risalente al V secolo a.C., e la testa del I secolo a.C. La semplicità della vita quotidiana ci porta a scoprire un aspetto dell'arte ellenistica diametralmente opposto al pathos delle sculture di Pergamo e del Laocoonte.

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fig.33

Fauno Barberini (220-210 a.C.) Gipsoteca Monaco di Baviera (fig.34) La scultura marmorea apparteneva alla celebre famiglia romana. È un originale greco che faceva parte dell'arredo di un santuario in Grecia. Approdata a Roma, forse come bottino di guerra, è stata trasformata in arredo da giardino. Il personaggio ritratto é un satiro ripreso mentre dorme in una posa scomposta e provocante. Il volto appare corrucciato e le sopracciglia cespugliose si congiungono all'attaccatura del naso: questi sono tutti tratti satireschi (fig.35). Capiamo che si tratta di un satiro anche dalla corona di edera sui capelli spettinati, dalla coda e dalla pelle di animale stesa sulla roccia su cui sta dormendo. Alla descrizione realistica del soggetto si unisce un forte senso di inquietudine. La posa ricorda molto i Prigioni di Michelangelo.

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fig.34
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fig.35

La pittura

Ade e Persefone trono dalla tomba di Euridice 340 a.C. marmo con decorazioni a tempera Verghina (Grecia) Museo delle tombe reali (fig.36) Nella camera funeraria della tomba di Euridice (nonna di Alessandro Magno) c'è un trono sulla cui spalliera sono dipinte le figure di Ade e Persefone (vedi lezione antica Grecia Il mito e la religione) ritratti su una quadriga trainata da una coppia di cavalli bianchi e una di cavalli scuri che si dispongono ai lati in maniera obliqua in modo da creare una sorta di varco che conduce l'occhio dello spettatore fino al centro della composizione ove troneggiano i due re degli inferi.

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fig.36

Il ratto di Persefone camera sepolcrale della tomba di Persefone IV secolo a.C.  Verghina (Grecia) Museo delle tombe reali (fig.37) Questo stupendo affresco rappresenta Ade, con la barba e i capelli rossi, che ha appena rapito Persefone. Con una mano guida le redini del carro e con l'altra afferra la fanciulla rapita (coperta in parte da un manto di porpora) che si sta dimenando per sottrarsi alla morsa fatale. Il tratto è molto rapido, le ruote sono rese di scorcio. Si ha l'idea della velocità del movimento. A destra una ninfa assiste sbigottita all'evento.

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fig.37

L’oreficeria in età ellenistica

Diadema fiorito della tomba degli ori di Canosa III secolo a.C. Museo archeologico di Taranto (fig.38) Questo capolavoro di oreficeria appartiene ad una produzione attiva a Taranto tra il IV e il II secolo a.C. quando la città, uno dei centri culturali e politici più floridi della Magna Grecia, si mostra in piena fase di ellenizzazione ovvero di aderenza a quel fenomeno di grecizzazione che caratterizza il Mediterraneo e i paesi dell'Asia minore conquistati da Alessandro Magno. Si tratta di un diadema, ornamento femminile, caratterizzato da una fascia decorata da 150 fiori a rilievo: quello che più colpisce é che il manufatto è il frutto della composizione di elementi smontabili che possono essere rimontati. Nessun elemento è saldato. Gli artigiani che lo hanno realizzato mostrano una conoscenza approfondita di un vasto repertorio di fiori cui si sono ispirati. Non dobbiamo dimenticare ch enel IV secolo a.C. Aristotele, a capo del Liceo di Atene, aveva fondato la scuola peripatetica e si era occupato della classificazione di piante e animali redigendo catalogazioni. Per realizzare il manufatto, dunque, si ricorre alle conoscenze scientifiche dell'epoca. Ritrovato in una tomba di Canosa di Puglia, esso vede le corolle dei fiori arricchite da supporti in oro sui quali erano inserite corniole e granati per il colore rosso, gli smalti in pasta vitrea per il verde. Altri colori erano ottenuti con l’inserimento di piccole perle.

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fig.38

 

I mosaici

Battaglia di Isso (fine del secondo secolo a.C.) Filosseno di Eretria mosaico pavimentale Napoli Museo Archeologico Nazionale (fig.39) Scoperto nel 1831 nella casa del Fauno a Pompei, si tratta della trasposizione di un grande quadro: lo si capisce anche dalla finta cornice che simula dei travetti lignei facenti parte di una cornice. Il mosaico è composto da quasi 20 m quadrati di tessere disposte secondo la tecnica dell'opus vermicolatum (sminuzzate in forme sagomate e disposte in file). 

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fig.39

Gli artigiani che lo avevano prodotto erano sicuramente esperti nel reperimento delle pietre più adatte alla realizzazione dell'opera e sicuramente avranno avuto accesso a quelle opere d'arte famose da cui hanno tratto ispirazione copiando i modelli originali. Parliamo di maestranze provenienti dall'Egitto, probabilmente gente devota ai culti egiziani. Qualche studioso ha ipotizzato come il mosaico sia stato realizzato ad Alessandria e poi trasportato a Pompei via mare dopo essere stato smontato in pezzi e poi ricomposto una volta giunto a destinazione. La parte sinistra è quella che appare palesemente più rovinata. Alla testa di una schiera di soldati c'è Alessandro che combatte a capo scoperto. Indossa una tunica a maniche lunghe con sopra una corazza con il simbolo della gorgone (allusione alla vittoria in guerra). La rappresentazione del sovrano macedone segue quella tradizionale con i folti capelli pettinati all'indietro e divisi al centro della fronte con un ciuffo che cade giù (anastolé). L'occhio sbarrato é enorme (alla maniera egizia vedi lezione Antico Egitto) (fig.40) particolare che, insieme all'espressione del viso, sottolinea la furia guerriera del condottiero cavalcante il suo Bucefalo. 

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fig.40

In secondo piano appaiono guerrieri con l'elmo sui loro cavalli. In prima fila è rappresentata la scena di Alessandro che con la sua sarissa ha colpito a morte un nemico che indossa enormi orecchini ad anello e un ricco costume orientale di seta. Egli cerca inutilmente di estrarsi dal petto l'arma che lo ha ferito. Il suo cavallo è già caduto al suolo (addirittura si vede il rivolo di sangue vicino al muso). Al centro è visibile lo sbandamento delle truppe persiane: i soldati infatti, colti di sorpresa, procedono lungo direttrici diverse. Il cavallo rappresentato di tergo, indice di profondità spaziale, sembra essere terrorizzato dalla mischia, motivo per cui il suo cavaliere cerca di trattenerlo per il morso. A terra sono disseminati scudi, spade, lance spezzate a creare profondità ma anche per sottolineare la violenza della battaglia (a queste scene probabilmente guarderà Paolo Uccello nel XV secolo) (fig.40). Due guerrieri a terra cercano di proteggersi con lo scudo. La parte destra vede protagonista Dario III su un carro con indosso un elmo e una casacca ricamata che urla dal terrore e protende il braccio verso il personaggio trafitto da Alessandro (fig.41)

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fig.41

L'auriga che guida il carro sta frustando i cavalli per mettere in salvo il sovrano persiano. Le lance si ergono verso direzioni diverse: tutto questo ci dà l’idea di come l'elemento sorpresa abbia giocato a favore dei macedoni (famosi per questo tipo di attacchi). Lo sfondo di colore bianco forse vuole simulare il polverone alzatosi nello scontro. L'albero nodoso con i rami secchi che svetta sullo sfondo si riferisce alla battaglia di Isso, soprannominata dalle fonti medievali “la battaglia dell'albero secco”: l'iconografia ritorna in una serie di vasi realizzati a Taranto risalenti al 330 a.C. Comunque sia l'autore del quadro da cui è stato tratto il mosaico si chiama Filosseno di Eretria (vissuto verso la fine del quarto secolo a.C.) Qualche studioso ha fatto il nome di Apelle (vedi lezione Antica Grecia L'arte) perché i colori presenti sono il rosso, il giallo, il nero e il bianco (quelli utilizzati per l'appunto dalla scuola di Apelle).

Scena di caccia al leone Casa di Dioniso (320 a.C.)Pella Museo Archeologico (fig.42) I pavimenti rinvenuti nel 1955- 63 mostrano alcune scene di caccia probabilmente anche queste ispirate ad opere pittoriche. I contorni sono realizzati in lamine di piombo mentre i ciottoli colorati sono disposti su un letto di malta in modo da creare contrasti cromatici e chiaroscurali. Forse si tratta di un ex voto fatto da Cratos, il compagno d'armi di Alessandro (il personaggio a destra) il quale, durante una pericolosa battuta di caccia presso Susa, era intervenuto a salvare miracolosamente il suo sovrano (a destra) dalle fauci di un leone.

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fig.42

Mosaico di Palestrina (fine II secolo a.C.-I secolo a.C.) Palazzo Colonna Barberini Museo Archeologico Prenestino Roma (fig.43) Il mosaico pavimentale di Palestrina si trovava nel tempio della Fortuna Primigenia nell’antica città di Preneste (oggi Palestrina, Roma). Vuole essere una enorme carta geografica dell'Egitto (615 X 506 cm) ripreso durante un'inondazione. La rappresentazione é caratterizzata dalla presenza di uomini, strutture abitative, imbarcazioni, ponti, tempietti, pergolati, la flora e la fauna della regione all'epoca dei Tolomei. Iscrizioni in greco aiutano a comprendere l'identità soprattutto degli animali, molti dei quali fantastici come, ad esempio, la sfinge o l’onocentauressa (fig.44 in alto a destra). Sulle montagne appaiono dei lapislazzuli molto simili ad occhi: ciò denota la conoscenza delle leggende locali. Si tratta quindi di una vera e propria veduta geografica che parte dalla selvaggia Nubia in alto fino al Delta Mediterraneo del Nilo. L’intento è enciclopedico e riflette il gusto alessandrino per la resa dei particolari e per la visione idilliaca della natura, peculiarità che caratterizzano la poesia contemporanea di Teocrito (vedi paragrafo Teatro e letteratura). Anche in questo caso il modello di ispirazione è stato probabilmente un'opera pittorica presente alla corte tolemaica.

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fig.43
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fig.44

La Tazza Farnese

Tazza Farnese (II-I secolo a.C.) agata sardonica incisa Napoli Museo Archeologico Nazionale (fig.45) Questo gioiello è stato realizzato incidendo più strati di colori differenti che compongono una pietra dura. il materiale lavorato è l’agata sardonica: un unico pezzo di color crema, rosso e marrone creato da artigiani alessandrini. Il manufatto è stato poi portato a Roma dopo la conquista dell'Egitto e, dopo varie vicissitudini, è passato a far parte della collezione di Lorenzo il Magnifico e dei Farnese poi. Sopra vi è incisa l’allegoria della prosperità dell'Egitto sotto i Tolomei. A sinistra il Nilo, ancora una volta rappresentato con le sembianze di un vecchio barbuto, regge una cornucopia. In basso la dea Iside siede su una sfinge e rivolge lo sguardo a destra verso le personificazioni delle messi. Dietro Trittolemo, col bastone dell'aratro, simboleggia la fertilità dell'agricoltura. Ci troviamo dinanzi a un esempio di sincretismo religioso (vedi spiegazione paragrafo La religione). Nei volti delle tre divinità probabilmente sono ritratti tre esponenti della casata tolemaica.

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fig.45

Il teatro e la letteratura

La commedia di Menandro

Menandro (fig.46) è un autore della cosiddetta commedia nuova o néa , la quale si differenzia dalla precedente perché i protagonisti appartengono a famiglie benestanti che si trovano coinvolte in una serie di equivoci, amori contrastati, separazioni e fortunati ricongiungimenti. In qualche commedia addirittura si arriva a parlare di violenza sessuale. All'inizio della rappresentazione vengono fornite notizie sull'ambientazione, sull'identità dei personaggi e sulla vicenda. Si pensava che tra un atto e l'altro l'azione proseguisse fuori dal palcoscenico e, di conseguenza, quando la rappresentazione riprendeva la situazione dei personaggi era andata mutando. Al contrario di Aristofane (vedi lezione Antica Grecia Le donne Il teatro) non è dato spazio alla volgarità ed è scomparso il coro. I temi che fanno da protagonisti sono: l'importanza del caso e della fortuna nello scioglimento dell'intreccio e il ritratto del carattere dei personaggi. Nel prologo delle commedie ci poteva essere un monologo a spiegare la vicenda, interpretata da un dio o da una personificazione (ad esempio nella commedia del Misantropo è Pan a introdurre la rappresentazione). Sempre nel Misantropo appare come tema la scelta di vivere isolati in campagna piuttosto che dimorare nella caotica città perché nel primo caso si porta avanti una vita più autentica, sebbene sempre contrassegnata dalla fatica e dai sacrifici. La polis di Atene  ormai è uscita di scena perché dopo l'era alessandrina è diventata una città di provincia in cui potevano votare solo coloro i quali appartenevano ad un determinato censo causando disparità e tensioni sociali; è sparito ormai anche il sussidio elargito ai meno abbienti che consente loro di partecipare come spettatori alle rappresentazioni teatrali per cui il pubblico ora è composto in gran parte da artigiani, imprenditori, piccoli proprietari terrieri. Proprio per questo motivo al centro dell'azione scenica ruotano temi quali la preoccupazione di salvaguardare i propri beni e le relazioni familiari. Fraintendimenti e complicanze varie spesso alla fine trovano uno scioglimento nel riconoscimento dei veri natali di uno o più personaggi come accade nell'Arbitrato , commedia ove si arriva a scoprire l'identità di un bambino e quella del padre attraverso gli oggetti che la madre naturale aveva lasciato vicino il piccolo al momento di esporlo. Le donne come al solito vivono in una condizione di inferiorità perché, se prive di un padre o di un tutore, non possono sposarsi ma sono destinate ad essere vendute come schiave o a divenire concubine o etere senza alcuna protezione giuridica (vedi lezione Antica Grecia Le donne Il teatro). Il matrimonio finale non simboleggia solo una lieta conclusione da un punto di vista affettivo ma anche giuridico ed economico. Nella commedia menandrea i poveri devono affrontare ristrettezze e subire offese attendendo fiduciosamente che qualcosa cambi nel futuro. I più abbienti invece sono chiamati ad essere generosi perché la sorte può cambiare da un momento all'altro e perché occorre dimostrarsi “degni della propria fortuna”. Le vicende narrate si mostrano improntate all'equilibrio e alla moderazione anche per quanto riguarda i sentimenti: molto frequente appare l'appello a perdonare le manchevolezze altrui. Spesso presente é la chàris, l'intervento di un evento che giunge inatteso a risolvere in bene situazioni complicate. I personaggi caratterizzati da una cattiva indole non si ravvedono immediatamente ma solo dopo una lenta maturazione.

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fig.46

La poesia bucolica di Teocrito (vedi sitografia)

Protagonista della letteratura del III secolo a.C. é il poeta Teocrito, autore di origini siciliane ed inventore della poesia bucolica. I testi da lui ideati sono caratterizzati dalla brevità e dal tecnicismo. Al centro dei suoi pensieri c'è la vita in campagna trasfigurata in modo idilliaco: scompaiono le fatiche del lavoro nei campi e i contadini sono tutt'altro che rozzi perché parlano in maniera erudita e fanno citazioni dotte. Lo spostare l'attenzione verso una vita agreste è una caratteristica comune all'arte e alla cultura contemporanea (tant'è vero che l'abbiamo citata parlando della commedia menandrea).

Alessandro e la letteratura medievale: il romanzo di Alessandro

Alessandro Magno é il protagonista di un'opera medievale dal titolo Il romanzo di Alessandro in cui il giovane re, durante il viaggio verso i confini del mondo, arriverà ad una sorgente fonte di immortalità, ma delle incredibili proprietà delle sue acque usufruiranno, a sua insaputa, un cuoco che lo seguiva nelle sue imprese e la figlia di quest'ultimo. Alessandro catturerà due enormi uccelli alle cui zampe legherà una cesta (dentro la quale si sistemerà) e impugnerà una lancia con all'estremità il fegato di un cavallo. Le creature si libreranno in volo cercando di afferrare il cibo: in questo modo Alessandro, con il loro aiuto, puntava a raggiungere i confini del mondo. Il racconto però narra che a questo punto un essere alato antropomorfo gli va incontro ordinandogli di tornare indietro perché stava violando i limiti imposti dagli dèi sulla terra. In quel momento il giovane re rinunciò alla conquista dell'impossibile. (fig.47)

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fig.47

 

Bibliografia

    • AA.VV. Le civiltà Il Vicino Oriente e la Grecia volume I, Vallardi Edizioni Periodiche Milano, 1963
    • P.Adorno L'arte italiana volume 1 Dall'arte cretese-micenea all'arte gotica Casa Editrice D'Anna, 1986
    • S.Settis T.Montanari Arte. Una storia naturale e civile Dalla Preistoria alla Tarda Antichità volume 1 Edizioni Mondadori Education Einaudi Scuola, 2019 
    • A cura di M.D'Onofrio Museo Nazionale 150 opere d'arte della storia d'Italia Officina Libraria, 2019
    • T.Braccini T.Braccini S.Romani Una passeggiata nell’aldilà Einaudi,2017
    • Le grandi battaglie che hanno fatto la storia Gribaudo, 2018
    • D.Susanetti Il teatro dei Greci Feste e spettacoli, eroi e buffoni Carocci, 2003
    • A cura di C.Bertelli Il mosaico Arnoldo Mondadori Editore, 1996
    • A.Vanoli Storia del mare Editori Laterza, 2022
    • Il mondo greco Collana Storia Universale volume 3 Editorial Sol 90 Barcellona,2003

Letture consigliate

    • V.Palumbo Le donne di Alessandro Magno Sonzogno Editore, 2005
    • V.Massimo Manfredi  Alexandros Mondadori, 2022

Sitografia

Sitografia Immagini

Documentari

Titolo Link
Ulisse il piacere della scoperta-Alessandro Magno link
Alessandro Barbero-Rai Storia link
Battaglia di Isso-Le grandi battaglie della storia link

Cinematografia

Titolo Descrizione
Alexander Film di O.Stone (2004) Pellicola un po' "edulcorata" dedicata ad Alessandro Magno. Il personaggio meglio riuscito, a mio modo di vedere, é Olimpiade, interpretata da A.Jolie, il cui carattere indipendente e aggressivo é fedele al ritratto tratteggiato dalle fonti storiografiche.