Antica Grecia- Un po' di storia...

Antica Grecia- Un po' di storia...

Dal periodo buio all'età arcaica

A partire dal XII secolo a.C., con il tramonto della civiltà micenea, per la popolazione greca ha inizio un’epoca buia durata fino all’ VIII secolo a.C. Durante questo periodo i Greci affrontano una fase di regresso caratterizzata dalla trasformazione delle città in villaggi, dalla netta prevalenza dell'allevamento sull'agricoltura, dalla scomparsa dei commerci e dall'abbandono della scrittura. Le comunità producevano solo beni in base alla loro sopravvivenza. Erano governate da un basileus affiancato da un consiglio di anziani formato da aristocratici guerrieri. Il popolo (dèmos) lavorava per il basileus in cambio di protezione in caso di attacchi militari e si riuniva in assemblee con poteri meramente consultivi. Nel XII secolo a.C. arrivano dall'Europa centrale i Dori, una popolazione indoeuropea che si stabilisce nel Peloponneso, a Creta e nella Grecia settentrionale. I Dori entrano in contatto con gli Eoli (stanziati in Tessaglia, Beozia e alcune isole egee) e con gli Ioni (nell’Attica, Eubea, isole Cicladi) (fig.1)

01, discesa dei dori.jfif
fig. 01 

Secondo la leggenda Dori, Ioni ed Eoli sono tre stirpi che deriverebbero da Elleno, figlio di Deucalione e Pirra, gli unici superstiti del diluvio universale inviato dagli dèi sulla terra per punire gli uomini (vedi lezione Antica Grecia Il mito e la religione). Tra l’XI e il X secolo a.C.  la penuria di risorse agricole causò l’immigrazione di queste popolazioni verso l'Asia minore: nascono così le floride colonie di Efeso, Mileto, Smirne, ecc. (prima colonizzazione) (fig.2). Tutte queste genti, accomunate dalla stessa lingua, credenze religiose, cultura, si identificavano col nome di Elleni.

02..jfif
fig.02

Il suolo greco non era molto fertile ed il clima era secco con scarsità di piogge. La vegetazione era quella mediterranea (olivi, fichi, vigneti). Si allevavano capre, pecore, maiali, soprattutto nelle zone di montagna. La pianura della Tessaglia (zona a nord della Grecia) permetteva l'allevamento dei cavalli. Tra le cime più alte troviamo l'Olimpo (sito tra la Tessaglia e la Macedonia) e il Parnaso (vicino Delfi). Nessuna località distava più di 80 km dalla costa, motivo per cui gli abitanti si spostavano più volentieri per mare che non via terra anche perché la conformazione del territorio era assai impervia. La difficoltà delle strade e la rarità delle bestie da soma facevano raggiungere ai trasporti terrestri costi elevatissimi cosicché ad essi si preferiva la navigazione costiera (per i messaggi più urgenti si ricorreva a professionisti della corsa). I tragitti più lunghi si percorrevano in estate o durante parte dell'autunno.

A partire dall'VIII secolo a.C. la civiltà greca comincia ad uscire dal periodo di crisi grazie all'aumento della produzione agricola, alla lavorazione del ferro, all'utilizzo della scrittura (derivata dall'alfabeto fonetico fenicio), al ripristino della circolazione della moneta nella forma iniziale di spillo di ferro o disco di metallo (essa riuscirà a sostituire completamente il baratto solo dopo il V secolo). Inizia, dunque, il periodo cosiddetto dell'età arcaica (VIII-VI secolo a.C.): si diffondono le coltivazioni di cereali, alberi da frutto, vite, olivo. I latifondi appartenenti a ricchi proprietari vengono coltivati da contadini salariati e da schiavi (prigionieri di guerra e debitori insolventi); l'allevamento continua a essere praticato in montagna mentre riprendono i commerci in mare e le attività artigianali. All'VIII secolo a.C. si fa risalire la nascita delle pòleis, città stato inizialmente sorte attorno ad un santuario. Le prime comunità erano formate da ricchi proprietari che, attraverso l'aggregazione, volevano difendere le loro terre e il bestiame dall'attacco dei predoni. Le pòleis godevano di leggi e di istituzioni proprie ed erano indipendenti le une dalle altre. Battevano una propria moneta e godevano del diritto di fondare colonie. 

 

La polis

Il fulcro della polis era l' acropoli (fig.3) (da akros= alto e polis= città), la parte alta della città, fortificata perché vi si rifugiavano gli abitanti in caso di pericolo. Poi c'era l'agorà (fig.4), la piazza collocata nella parte più bassa dove avvenivano le riunioni e i mercati (aperti in orari prestabiliti). Nelle piazze si esibivano giocolieri, marionettisti, mimi e prestigiatori. 

03. acropoli di rodi.jpg
fig.03
04. agorà.jpg
fig.04

La parte periferica della città comprendeva terreni coltivati ​​e destinati al pascolo. In età arcaica la polis era gestita dall' aristocrazia , ovvero da famiglie di ricchi proprietari terrieri discendenti -a loro dire- da eroi mitici. Il diritto di cittadinanza era ereditario (trasmesso di padre in figlio) ed usufruibile solo da chi possedeva terre, militava nell'esercito e partecipava alla vita politica della polis. È chiaro che gli unici proprietari di terreni in grado di comprare armature costose e di mantenere un cavallo (equipaggiamento necessario per combattere nell'esercito) erano gli aristocratici, i soli a poter ricoprire cariche pubbliche e a prendere parte ad un'assemblea ove venivano prese decisioni importanti per la vita cittadina. Né le donne, né gli schiavi avevano diritto di cittadinanza. Tutto il resto della popolazione faceva parte del dèmos (tra cui i teti , cioè i contadini liberi, pastori, artigiani, mercanti).

La seconda colonizzazione

Tra l'VIII e il VII secolo a.C. si assiste ad un notevole incremento demografico che causa uno squilibrio tra risorse disponibili e la popolazione: ciò porta all’ instabilità politica e alla necessità di occupare nuove terre da colonizzare in cui creare scali commerciali: vengono fondate Bisanzio sul Mar Nero, Marsiglia in Francia, Cirene in Africa. Alle aree occupate nell'Italia meridionale si dà il nome di Magna Grecia: si tratta di zone prospere soprattutto di cereali. Tra le città più importanti ricordiamo Cuma e Partenope (Napoli) in Campania, Metaponto in Basilicata, Sibari e Crotone in Calabria, Taranto in Puglia (fondata dagli Spartani), Agrigento e Siracusa in Sicilia (fig.5)

05. seconda colonizzazione.jpg
fig.05

Dal nome di una delle tribù che avevano preso parte alla fondazione delle colonie, i GRAIOI,  deriva il termine latino Graeci  che indicava gli Elleni. I Greci diedero il nome di Enotria alla Calabria e a parte della Basilicata perché queste terre erano ricche di vigneti. Ma in che modo avveniva la fondazione di una colonia?  A seconda che la spedizione fosse decisa dall'iniziativa pubblica o privata era la polis o i coloni stessi a nominare un ecista  (condottiero). Egli riceveva l'incarico di fondare una nuova polis dopo aver concordato quale dovesse essere il luogo più adatto. Una volta arrivati, ​​i partecipanti alla spedizione si spartivano i terreni. Ogni anno la comunità avrebbe ricordato l'avvenimento con un banchetto rituale. Gli emigranti che sopraggiungevano in seguito non potevano ottenere lotti di terreno, ma avevano la possibilità di esercitare liberamente il commercio. La colonia era indipendente dalla madrepatria e godeva di autonomia dal punto di vista politico. I coloni dovevano rinunciare alla cittadinanza originaria per acquisire quella del nuovo stato; tuttavia, nel caso fossero ritornati nella metropoli di partenza, avevano la facoltà di riacquistarla. Era l'oracolo di Delfi a suggerire ai cittadini greci il luogo prescelto per fondare la colonia e li istruiva sui prodotti da coltivare. Le colonie tributavano al santuario la decima parte del raccolto o il suo equivalente in oro. Era sempre l'oracolo a decidere il nome dei legislatori, qualche volta addirittura “inviati” dal dio ai coloni. Spesso le popolazioni autoctone si sottomettevano spontaneamente ai nuovi arrivati ​​stipulando patti di servitù in cambio di protezione. Le coste adriatiche non furono oggetto di insediamento perché infestate dal pericolo dei pirati. Le località scelte sorgevano perlopiù sui territori pianeggianti. La Sicilia era la terra dei cereali: una leggenda indicava nell'isola la patria di Cerere e Proserpina (vedi lezione Antica Grecia Il mito e la religione) tanto é vero che quasi ogni città della regione aveva impressi sulle monete i simboli della spiga o del chicco di grano. I rapporti commerciali con i coloni incrementavano la produzione industriale e l'attività mercantile della madrepatria. Le colonie importavano vasellame, oggetti di bronzo, gioielli, olio, vini ed esportavano schiavi e grano. In seguito, manufatti prodotti dalle colonie divennero famosi anche in Grecia: basti pensare ai carri da corsa, ai letti, ai cuscini e ai vasi siculi. Benché i territori della Magna Grecia fossero ricchi di legname, nessuna delle colonie aveva a disposizione una flotta potente. I coloni ateniesi si amministravano attraverso un'assemblea comunale e a volte anche un consiglio mentre ad Atene veniva rimandata la discussione di cause giudiziarie più impegnative. La Magna Grecia diede natali a personaggi illustri come Pitagora (fig.6) e Archimede (vedi link sitografia)

06. pitagora.jpg
fig.06

Nelle colonie nacque la filosofia politica e la concezione odierna di storia come indagine dei fatti avvenuti nel passato. Non dobbiamo inoltre dimenticare che gli Etruschi importarono dalla Magna Grecia l'uso della moneta, l'alfabeto e ne furono influenzati anche artisticamente. Inoltre, insieme ai latini, essi introdussero alcune divinità greche nel loro pantheon.

Due modelli a confronto : Sparta e Atene

Sparta

Attorno al 900 a.C.  i Lacedemoni di origine dorica fondarono a sud est del Peloponneso la città di Sparta. La posizione geografica era strategica: circondata da una pianura fertile e bagnata dal fiume Eurota, essa era favorita nel controllo dei rapporti commerciali tra la costa e la zona interna (fig.7)

07. sparta.jpg
fig.07

Per cercare di rimediare allo squilibrio tra incremento demografico e produzione agricola, Sparta non cercò di fondare colonie oltre oceano (fatta eccezione per Taranto), bensì iniziò a espandersi all'interno della zona del Peloponneso. Obbligò allora tutte le città conquistate a far parte della Lega peloponnesiaca da lei capeggiata: essa comprendeva tutto il Peloponneso (tranne Argo), Megara nell'Attica ed Egina. Le pòleis della Confederazione erano obbligate a fornire a Sparta forze armate in caso di guerre, ma preservavano leggi e tribunali propri; potevano, inoltre, intraprendere conflitti per conto loro a patto di non impegnare la Lega. 

La società spartana si suddivide in tre classi principali:

-Spartiati: erano i discendenti dei Dori, gli unici che potevano avere proprietà fondiarie. Dedicavano tutta la loro vita all'addestramento militare e all'esercizio fisico, disprezzavano le attività commerciali, artigianali, agricole. Erano gli unici a godere dei diritti di cittadinanza (potevano votare e ricoprire incarichi pubblici). La purezza dei loro natali doveva essere sottoposta al vaglio degli anziani della tribù di appartenenza.

-Perieci: abitanti delle comunità non doriche, vivevano attorno a Sparta, erano uomini liberi, ma non potevano partecipare al governo della città; si dedicavano alle attività artigianali e commerciali; potevano diventare anche molto ricchi. Essi, inoltre, dovevano militare nelle truppe di fanteria leggera che precedevano gli Spartiati schierati nella falange oplitica. Fornivano personale alle flotte, ma non potevano aspirare a ricoprire gradi militari superiori.

 -Iloti: erano i discendenti delle popolazioni sottomesse dai Dori; vivevano in una condizione di semi schiavitù, erano obbligati a coltivare la terra degli Spartiati e a consegnare loro metà del raccolto. Potevano accumulare beni. Gli Iloti erano considerati di proprietà dello Stato, l'unico che li poteva vendere e comprare. Siccome erano molto numerosi venivano soggiogati brutalmente dagli Spartiati soprattutto in caso di rivolta. 

Secondo la leggenda è stato il mitico Licurgo (fig.8) a promulgare la prima costituzione verso il IX-VIII secolo a.C. Il mito dice che quando si recò a Delfi, Apollo gli tributò onori degni di un essere divino. Il governo di Sparta era un governo oligarchico = di pochi).

08. licurgo.webp
fig.08

Due re, assieme ad un consiglio di 28 anziani con più di 60 anni (geronti) formavano la gherusìa, il cui compito era quello di preparare le leggi e giudicare i reati gravi quali l’omicidio. Poi c'erano gli èfori ovvero cinque magistrati amministratori della città che vigilavano sull'operato dei re e avevano a cuore l'educazione dei giovani spartiati. Éfori e gherusìa erano eletti dall'apella, un’assemblea formata da giovani maschi con più di trent'anni che aveva parere consultivo, ma non vincolante, sulle leggi proposte. Le magistrature erano appannaggio solo degli Spartiati perché gli Iloti e i Perieci non erano considerati cittadini. 

L'educazione dei fanciulli spartani

Fino ai sei anni i fanciulli spartiati erano cresciuti dalle nutrici: quelle spartane erano ritenute le più esperte soprattutto per il fatto che, per lasciare crescere le membra dei bambini in piena libertà, non seguivano l’abituale pratica di infagottarli. Il maschio che nasceva malformato o che non superava l'accurato esame da parte degli anziani della tribù veniva abbandonato ai piedi del Monte Taigeto. A 7 anni il futuro guerriero abbandonava la famiglia per andare a vivere insieme ai coetanei in strutture atte a educarli militarmente. Qui dormivano su giacigli, si insegnava loro ad ubbidire, venivano abituati a camminare e a giocare nudi, praticavano duri esercizi igienici sempre a scopo militare (fig.9)

09. fanciulli spartani.jpg
fig.9

A partire dai 12 anni essi ricevevano un solo mantello da indossare per tutto l'anno, venivano frustati per qualsiasi mancanza e durante i pasti in comune (ai quali erano chiamati a contribuire), veniva dato loro pochissimo cibo, cosicché erano costretti a rubare viveri per poter sopravvivere. Apprendevano solo i rudimenti della lettura e della scrittura, ma coltivavano la musica: partecipavano a cori, veniva loro insegnato come muoversi tutti insieme nei battaglioni in maniera disciplinata al ritmo di canti e seguendo il suono dell'oboe. Tra i diciotto e i vent'anni dovevano superare una dura prova di iniziazione chiamata criptia (fig.10): abbandonati in aperta campagna, il loro compito era quello di uccidere almeno un ilota durante una caccia notturna. I vincitori avrebbero goduto dei diritti civili e potevano entrare nelle falangi dell'esercito.

10. criptia.jpg
fig.10

 Giunto ai trent'anni di età, lo spartiate poteva partecipare all’apella, abbandonare la vita da caserma e farsi una famiglia propria. I guerrieri morti in combattimento a Sparta erano sepolti con il mantello di porpora (simbolo di gloria) e coperti da rami di ulivo. 

Atene

La città di Atene sorge al centro dell'Attica (fig.11) dall'unione di più villaggi tra l'VIII e VII secolo a.C.: circondata da una vallata fertile, sfrutta la sua posizione geografica per la coltivazione di cereali, olio, vino e alberi da frutto. Grazie all’argilla si producono preziose ceramiche mentre il legname viene utilizzato per la costruzione di navi. Il porto naturale del Pireo offriva un ottimo sbocco sul Golfo di Saronico per scopi commerciali. 

11. atene.png
fig.11

Nell'VIII secolo a.C. si afferma il governo aristocratico degli arconti, grandi proprietari terrieri all’inizio eletti con carica vitalizia e in seguito annualmente. Ognuno di essi ricopriva un incarico di governo (ad esempio l’arconte re si occupava delle cerimonie religiose). Al termine del mandato essi andavano a far parte dell'areopago, un consiglio di anziani autorevoli il cui compito era quello di vigilare sull'operato degli arconti e giudicare i reati più gravi. L'ecclesìa era, invece, l'assemblea del popolo con ruolo consultivo. Il concetto di democrazia comincia a nascere proprio ad Atene nel 621 a.C. quando Dracone (fig.12) emana una prima legislazione scritta in cui da una parte si mantenevano leggi severe per i debitori insolventi ridotti in schiavitù, dall'altra si proibiva la faida (pratiche di vendetta familiare) perché spettava allo stato la punizione dei reati. Dinanzi alle leggi, tuttavia, si ribadiva la differenza tra aristocratici e dèmos.

12.dracone.jpg
fig.12

Nel 594 a.C. viene eletto arconte Solone (fig.13), il quale porta avanti una serie di riforme tra cui l'abolizione della schiavitù per debiti: un flagello che, a causa della congiuntura economica sfavorevole, andava a colpire una percentuale sempre più elevata del dèmos. Viene introdotta una moneta unica, si organizzano pesi e misure. 

13. solone.JPG
fig.13

Solone istituì l’eliea, un tribunale del popolo che doveva giudicare i reati minori, i cui membri erano sorteggiati dai cittadini. Ma l’innovazione più importante è la nascita della timocrazia, ovvero la suddivisione della società ateniese in quattro classi sociali in base al reddito ricavato dalle proprietà terriere o dalle attività commerciali. Ecco allora:

-i pentacosiomedimni, grandi proprietari terrieri;

-i cavalieri con rendite sufficienti a mantenere un cavallo;

-gli zeugiti (da zeugon=giogo), piccoli proprietari terrieri il cui reddito minimo annuo permetteva il mantenimento di un paio di buoi;

-i teti, braccianti che coltivavano le terre altrui.

 Ogni classe combatteva nell'esercito pagando a proprie spese l'equipaggiamento necessario. Le prime due classi erano le uniche che potevano permettersi un cavallo e un carro da guerra. Gli zeugiti militavano come opliti e potevano aspirare solo a magistrature inferiori, mentre i teti facevano parte della cavalleria leggera o erano reclutati come rematori. Gli schiavi erano importanti nell'economia ateniese perché una volta svolti i compiti da adempiere all'interno delle famiglie aristocratiche, potevano dedicarsi a fabbricare prodotti tessili destinati alla vendita. Si era schiavi per nascita o lo si diveniva perché prigionieri di guerra o in seguito ad una sentenza (spesso per mancato assolvimento di debiti). Lo straniero domiciliato era chiamato meteco: viveva di lavoro regolare e i suoi beni erano tutelati dalle leggi; era perlopiù un operaio o artigiano. Tutte le ditte di “import export” presenti ad Atene erano dirette da meteci perché erano molto pratici del mondo degli affari e avevano molti contatti con i paesi esteri.

Nel 546 a.C. Pisistrato (fig.14) instaura una tirannide. Chi era il tiranno? il tiranno era un membro dell'aristocrazia che, con l'appoggio del dèmos, riesce a concentrare tutto il potere politico nelle proprie mani ricorrendo anche alla violenza. Ciò avveniva spesso in situazioni di tensione tra l’aristocrazia e le classi meno abbienti. Il fenomeno della tirannide si afferma a partire dal VII secolo a.C. e Pisistrato è uno dei casi più celebri. Egli varò una serie di riforme a favore dei meno agiati. Tra i suoi provvedimenti ricordiamo: le tasse sulle grandi proprietà terriere, la concessione di prestiti a piccoli proprietari fondiari, lo sviluppo dei commerci con le isole Cicladi, l’Ellesponto e la Tracia e l'istituzione della dracma come moneta ufficiale di Atene. A lui si deve la promozione di opere pubbliche importanti, delle attività artigianali e l'istituzione delle Grandi Panatenee, le feste dedicate alla dea Atena. Pisistrato mise a disposizione di tutti le biblioteche e curò edizioni di Omero.

14. pisistrato.jpg
fig.14

Nel 508 a.C. Clistene (fig.15) viene eletto arconte: egli ripartisce la popolazione non più in base alla ricchezza ma al principio del luogo di residenza; l'Attica, dunque, viene suddivisa in tre zone:

- la città (popolata per lo più da aristocratici),

- la costa (dove vivevano i commercianti e gli artigiani),

-l’entroterra (dove si concentravano i contadini).

15. clistene.jpg
fig.15

 Ogni area viene suddivisa in 10 trittìe; le 30 trittìe vengono riunite in 10 tribù (ognuna comprendente una trittìa della città, una della costa e una dell'entroterra). Ogni tribù era così composta da ceti sociali differenti e viene ripartita in demi (sorta di quartieri). Le tribù prendevano il nome da un eroe greco loro protettore. Comprendevano solo i cittadini maschi e ne erano esclusi i meteci, gli schiavi e le donne. Questo nuovo principio portò alla disgregazione dell'aristocrazia, non più compatta, ma distribuita in differenti trittìe ed ebbe come conseguenza l’indebolimento della sua influenza sulla politica ateniese. Ogni cittadino aveva tre nomi: il proprio, il nome del padre (patronimico) e quello del demo di appartenenza. Clistene vara, inoltre, una riforma degli organi di governo in modo da promulgare una costituzione democratica: si rinforza l'ecclesìa dal momento che non ha più solo potere consultivo bensì approva o respinge tutte le proposte di legge, discute questioni di politica estera come la guerra o la pace o di politica interna come, ad esempio, la nomina dei magistrati. L’ecclesìa è formata dai cittadini maschi ateniesi di almeno vent'anni (anche teti); molto significativo é il fatto che i partecipanti votavano per alzata di mano. Viene poi istituita la bulé, composta da 500 cittadini sorteggiati, il cui incarico annuale era retribuito in maniera tale da dare l’opportunità anche ai ceti più poveri di partecipare alla vita politica. Quest’organo presentava proposte di legge da sottoporre all’ecclesìa e sorvegliava l'operato delle magistrature. I buleuti non potevano essere eletti più di due volte nella vita e avevano diritto a posti di onore al teatro. La carica di arconte continuava ad esistere e si istituisce lo stratego che aveva il compito di comandare l'esercito, le flotte, negoziare i trattati. Gli strateghi erano dieci ed erano eletti all'interno delle tribù. L’eliea e l’areopago continuavano a detenere il potere giudiziario: il primo per i reati minori e il secondo per quelli più gravi (le pene pecuniarie consistevano nell’ ammenda e nella confisca dei beni; altre pene erano l’esilio, l’imprigionamento, la flagellazione, il marchio con ferro rovente, la morte). Per evitare che solo un ristretto gruppo di persone potesse detenere il potere, Clistene stabilì che le magistrature fossero collegiali (ogni carica cioè divideva il suo potere con altri colleghi), di breve durata e che le elezioni si basassero sul sorteggio. Ogni magistrato prestava giuramento e poteva essere destituito dal voto dell'ecclesìa e condannato a morte. Alla fine del mandato il suo operato era attentamente valutato. Al fine di combattere i nemici di questo status democratico Clistene introdusse la pratica politica dell'ostracismo (da ostrakon = coccio) (fig.16): una volta all’ anno l’ecclesia si riuniva per scrivere su un coccio di ceramica il nome del cittadino ritenuto pericoloso per la democrazia. Quando il numero raggiungeva i 6000 voti allora veniva ostracizzato, ovvero condannato all'esilio per 10 anni. In realtà questa pratica finì per divenire un mezzo con cui sbarazzarsi dei nemici politici. Occorre però sottolineare che nella storia di Atene solo pochi cittadini sono stati ostracizzati e questo provvedimento non comportava la perdita di beni e diritti e non era considerato un'umiliazione. C'era al massimo un voto di ostracismo all'anno; il voto era segreto e gli analfabeti si facevano scrivere dal vicino il nome dell'uomo che volevano ostracizzare. All’ostracizzato erano concessi solo dieci giorni di tempo per sistemare le sue cose e salutare i familiari prima di allontanarsi dalla patria.

16. ostrakon.jpg
fig.16

La società ateniese in epoca classica (V sec. a.C.)

L'educazione dei fanciulli

L'evoluzione politica di Atene, con Pericle (V secolo a.C.), punterà sempre più alla democrazia e, al contrario di Sparta, ad un'economia improntata al commercio. Anche l'educazione dei fanciulli ateniesi differiva profondamente da quella impartita ai coetanei lacedemoni: la letteratura era considerata importantissima tanto che, appena i fanciulli imparavano a leggere e scrivere, dovevano ricordare a memoria i versi dell'Iliade e dell'Odissea. Si narravano loro le favole e si facevano studiare i miti, le leggende e i poemi di Esiodo. Fondamentale era l'insegnamento del canto e della musica strumentale (fig.17), in particolar modo della cetra e dell’aulos (una specie di oboe) (fig.18), insegnamento che avveniva senza partiture scritte. 

17. scuola.jpg
fig.17

 

18.aulòs..jpg
fig.18

Lo sport era considerato importante, ma non al centro della formazione individuale come avveniva a Sparta. Non vigeva l’obbligo scolastico e all'istruzione provvedeva la famiglia; nel caso di figli di soldati morti per la patria, lo stato si affidava a maestri privati. Le discipline principali erano: la letteratura, la musica, la ginnastica. I fanciulli venivano mandati a scuola all'alba presso la casa del maestro, professione che poteva essere esercitata da chiunque fosse in grado di leggere e scrivere. Molto particolare era la figura del pedagogo, uno schiavo che accompagnava il bambino a scuola portandogli le tavolette per scrivere, gli stili, la cetra e l'oboe e lo attendeva, mentre era a lezione, in una sala riservata o nella stessa classe. Si scriveva con uno stilo appuntito su tavolette di cera rigide (collegate con delle cerniere) poggiate sulle ginocchia e si imparava a leggere con i sillabari. Il periodo scolastico era contrassegnato da numerose pause perché c’erano molte festività religiose; in più c'erano poi compleanni, matrimoni e altre occasioni da celebrare in cui si saltava la scuola. I libri erano in forma di rotoli di papiro. Per l'aritmetica si usava l’abaco (fig.19).

19. abaco.jpg
fig.19

I giochi preferiti dei fanciulli erano: il pallone, la trottola, la campana, l'altalena, le biglie, lo yoyo, i trampoli, il gioco dell'oca, il trick track. C’era poi l'ascoliasmos, una gara in cui vinceva chi riusciva a rimanere più a lungo in equilibrio su un otre di vino unto e oliato. Molto amati erano i combattimenti tra galli, precedentemente fatti eccitare dando loro da mangiare aglio e cipolle. Per renderli più aggressivi si attaccavano alle unghie posteriori speroni di bronzo. Per quanto riguarda l'igiene ci si faceva il bagno una volta al giorno prima della cena in una vasca di terracotta. I Greci non utilizzavano il sapone, bensì lo strigile (un raschiatoio con cui ci si levava dalla pelle l'unto) (fig.20).

20. strigile.jfif
fig.20

La città 

All'epoca di Pericle le botteghe si affollavano nel quartiere operaio del Ceramico mentre il mercato avveniva nell'agorà (fig.21)

21. agorà.jpg
fig.21

La città era dotata del Pireo, il famoso porto fatto costruire da Temistocle.  Gli edifici religiosi sull'Acropoli sorvegliavano dall'alto la comunità, i cimiteri erano situati fuori dalla città (solamente i corpi degli eroi potevano riposare dentro le mura). Le strade erano strette e tortuose. Dieci astinomi sorvegliavano sull'igiene e sulla moralità dei costumi mentre i coprorologi provvedevano affinché la spazzatura fosse scaricata a non meno di dieci stadi dalla cinta muraria. C'era anche un addetto incaricato di vigilare sulle fontane, sulla rete idrica (realizzata con tubature sotterranee) e sulle fogne. Le case popolari erano molto piccole: c’era un pianterreno composto da due o tre piccole stanze da cui si accedeva ad un eventuale piano rialzato grazie ad una scala di legno.  Spesso questi ambienti, simili a mansarde, erano affittati a stranieri. I muri erano costruiti con legno, mattoni crudi o pietre tenuti insieme da un impasto di terra e acqua. Le porte si aprivano all'esterno cosicché quando si usciva si bussava per avvisare i passanti ed evitare così di urtarli. Le finestre erano di piccole dimensioni. Quando gli affittuari erano in ritardo col pagamento, il proprietario faceva togliere la porta di casa o ne chiudeva l'accesso al pozzo. Le case erano dotate di fori di aerazione e condutture di ceramica per far uscire il fumo prodotto dai fuochi accesi all'interno. Le famiglie più ricche usufruivano del bagno, della cucina e di sale decorate da mosaici dedicate ai banchetti. I muri erano adornati da tappezzerie e i soffitti dipinti e incrostati. Durante le notti d’estate si dormiva in terrazza all’aperto. I più abbienti possedevano anche una casa in campagna.

Essere schiavi ad Atene

Gli schiavi (fig.22) erano considerati alla stregua di oggetti da vendere, affittare, dare in prestito. Non potevano testimoniare in tribunale; le loro unioni dovevano essere autorizzate dal padrone, il quale diveniva così proprietario anche della prole da loro generata. Il padre di famiglia aveva il diritto di vendere i propri figli; chi non poteva o non voleva crescerli li “esponeva” appena nati, li deponeva cioè sulle immondizie: il neonato era così destinato alla morte o a divenire schiavo di chi lo raccoglieva. Anche il debitore insolvente poteva essere venduto come schiavo dal creditore. In generale si può dire che nell’Atene del V secolo si guadagnavano molti soldi affittando l'opera di schiavi allo stato e ai privati: basti pensare che molti di essi erano impiegati nei porti come manodopera per scaricare e caricare le merci. I più fortunati lavoravano nelle famiglie più ricche come cuochi, portavano i bambini a scuola, pulivano la a casa, pestavano il grano o tessevano mentre i più sfortunati lavoravano presso le miniere o nei mulini. Tra gli schiavi pubblici c'erano gli impiegati dell’ecclesia, della bulé, dei tribunali, i boia, gli spazzini, gli agenti di polizia (arcieri sciiti). Nel caso in cui uno schiavo veniva maltrattato o picchiato violentemente dal proprio padrone, si rifugiava nel santuario dedicato a Teseo o alle Erinni: qui era protetto dal diritto d’asilo e il suo padrone era obbligato a rimetterlo in vendita. Quando uno schiavo entrava a far parte di una famiglia, veniva accolto con un particolare rito: lo si faceva sedere vicino al fuoco mentre la padrona di casa gli cospargeva il capo con fichi noci, dolci e gli assegnava un nome. Gli schiavi che lavoravano nel campo del commercio potevano scegliere il loro domicilio e gestire un'impresa partecipando ai profitti con una piccola percentuale. 

22. schiavo.jpg
fig.22

Commercianti, medici, farmacisti….

La maggior parte dei banchieri dell’antica Grecia erano meteci (stranieri) e liberti (schiavi liberati). Ad Atene le attività manuali e il commercio erano in mano ai meteci. Le monete di oro e d'argento rimangono assai rare fino all’epoca delle guerre persiane: quella più utilizzata era la dracma (fig.23) con incisa la testa di Atena e i suoi simboli (l'olivo, la civetta e le foglie di olivo) insieme alle prime tre lettere del nome Atene. 

23. dracma.jpg
fig.23

Ogni città indipendente batteva la sua moneta: la confusione che spesso ne derivava era causa di frodi. Il lavoro non era affatto regolato da leggi. Si cominciava a lavorare il mattino presto fino al tramonto. Molto apprezzato era il mestiere del vasaio, il quale aveva il privilegio di firmare i suoi manufatti. La filatura e la tessitura erano praticate a domicilio. Chiunque poteva professare il mestiere di medico: importanti centri di formazione in quest’ambito si trovavano a Cnido e a Crotone. Molti guaritori ricorrevano alla recita di formule magiche o all'interpretazione dei sogni (fig.24). Famosa era la figura di Ippocrate (fig.25), padre della medicina e del giuramento ancora oggi prestato dai medici. Ai fini della guarigione si eseguivano salassi, clisteri, applicazioni di ventose. La dissezione di cadaveri era fortemente vietata.

24. medico.jfif
fig.24
25. ippocrate.jpg
fig.25

Il farmacista era chiamato farmacopolo.  La maggior parte delle volte i medici si preparavano da soli le medicine da somministrare. Pensate che addirittura qualcuno di loro disponeva dei mezzi per ospitare a casa un malato così da sorvegliarne la degenza! Ad Atene i medici pubblici erano scelti da un'assemblea di cittadini in base ai loro titoli, successivamente la città dava loro un locale in cui effettuare visite, operazioni e ricoveri. Lo stato si impegnava a pagare un medico privato a chi non aveva disponibilità economiche: tali spese erano dedotte da una tassa chiamata iatricon. Le donne potevano svolgere mansioni di infermiere o levatrici.

 

Il concetto di straniero

Mentre a Sparta gli stranieri erano periodicamente espulsi dal momento che erano considerati alla stregua di nemici, ad Atene, invece, si erano diffusi con il nome di meteci e (pensate!) rappresentavano circa metà degli abitanti della città! Il termine deriva da métoikoi che significa “coloro che hanno cambiato abitazione”. Si tratta di artigiani, commercianti, titolari di imprese che abitavano vicino il Pireo (il porto di Atene) per poter seguire i loro affari e commerci. Avevano l'obbligo di finanziare gli spettacoli pubblici, di contribuire all'allestimento della flotta navale e dovevano militare nella fanteria o come opliti. Non potevano però votare, essere eletti e partecipare all'assemblea popolare, possedere beni immobili (come, per esempio, case o terreni) ad Atene e nell'Attica, ma possono avere degli schiavi. Di fronte ai tribunali erano rappresentati da un patrono, potevano professare liberamente il loro culto ed erano loro che si occupavano di armare le navi per il commercio del legname con la Macedonia e del pesce salato proveniente dal Ponte Eusino. I banchieri più ricchi ad Atene erano i meteci e gli schiavi affrancati. Col termine barbaros (barbaro) in greco, invece, venivano designate tutte le genti che non condividevano l'identità greca. Era considerato barbaro colui che, essendo straniero, non era in grado di pronunciare correttamente le parole in lingua greca con il risultato di riuscire ad esprimersi solo con un confuso balbettio (bar-bar). “Essere un barbaro” era dunque un’offesa.  Le guerre contro le popolazioni barbare erano reputate giuste perché condotte contro “belve feroci”. Già Omero considerava barbari i Troiani (se pur essi condividevano con i Greci gli stessi dèi): al contrario degli Achei, infatti, nelle scene di battaglia essi si muovevano in maniera confusa e disordinata ed avevano un esercito molto composito che parlava una molteplicità di lingue. I Ciclopi nell’ Odissea sono considerati barbari perché non praticano l'agricoltura, non mangiano pane, bevono latte (alimento selvaggio perché naturale e non frutto della manipolazione umana) e vino puro non diluito con acqua. Non sono capaci di costruire navi, la loro comunità non è regolata da leggi, non riconoscono la legge dell'ospitalità: insomma, il loro modus vivendi era agli antipodi rispetto al mondo greco. Anche i Persiani sono considerati barbari: la loro società verticistica era governata in maniera dispotica dal Gran Re. Sparta espelleva dalla città gli stranieri per timore che potessero diffondere vizi, abitudini e idee politiche diverse all'interno della società; nessun abitante di Sparta era autorizzato a viaggiare all'estero prima di aver compiuto i quarant'anni, tranne se si doveva adempiere ad un incarico pubblico o partecipare a cerimonie religiose presso grandi santuari o alle Olimpiadi. Questo perché solo se si era raggiunto un'età adulta e ci si era adeguatamente formati secondo il sistema spartano, si poteva essere sufficientemente preparati ad affrontare mentalità e forme di vita diverse senza il pericolo di esserne corrotti. Gli Spartani erano dunque convinti che la loro società fosse un'isola di beatitudine e perfezione da difendere dal contagio con il mondo esterno. Pericle, il famoso statista ateniese vissuto nel V secolo a.C., ragionava in maniera diversa: in un discorso pronunciato nel 430 a.C. in onore dei caduti durante la guerra del Peloponneso, egli afferma come Atene fosse una città aperta, patria della democrazia e della libertà. Chiunque può risiedervi per poter fare esperienza dei valori di cui era portavoce.  Tuttavia, si poteva solo nascere cittadini greci: questa condizione, dunque, non si poteva acquisire: proprio nel V secolo con Pericle, infatti, viene rigorosamente limitato il diritto di cittadinanza. Ora non è più sufficiente avere solo il padre nato ad Atene, ma lo dovevano essere entrambi i genitori.

Le guerre persiane

Prima guerra

Tra l'XI e il X secolo a.C. la Grecia aveva fondato numerose colonie ioniche in Asia minore (Mileto, Efeso, Alicarnasso, etc.) in territori che facevano parte del Regno di Lidia. Inizialmente non c'erano state complicazioni perché si era data loro ampia autonomia in cambio del pagamento di modesti tributi. Nel 546 a.C. Ciro il Grande, imperatore del Regno di Persia, conquista il Regno di Lidia e impone non solo ingenti tasse alle colonie, ma ostacola il loro commercio nel Mar Nero. Nel 499 a.C. Mileto, stanca delle vessazioni persiane, organizza una ribellione che si estende alle altre colonie al fine di ottenere l'indipendenza. Le città in rivolta chiedono l'aiuto di Sparta e Atene, ma solo quest'ultima invia navi da guerra. La situazione precipita immediatamente per cui i Persiani hanno la meglio e nel 490 a.C. radono al suolo Mileto dopo un assedio lungo anni e ne deportano la popolazione in Mesopotamia. Ma Dario (fig.26), il re persiano, non si accontenta: vuole punire in maniera esemplare la città che si era mobilitata contro di lui per aiutare le colonie ioniche, motivo per cui nel 490 a.C. la sua flotta navale salpa alla conquista di Atene. 

26. dario.jpg
fig.26

Raggiunta l’Attica, i Persiani si accampano nella piana di Maratona pronti a colpire la città. Ha così inizio così la prima guerra persiana (fig.27). Atene non riceve alcun aiuto dalle altre polis. Per cercare di far fronte alla situazione si organizzano assemblee cittadine in cui emergono varie proposte: tra tutte si decide di seguire il suggerimento dello stratega Milziade, il quale sosteneva di attaccare a sorpresa i Persiani in campo aperto a Maratona. Fu così che l'esercito persiano viene pesantemente sconfitto dalla falange oplitica mandata in carica in formazioni compatte: su 20.000 Persiani ne muoiono 6000, di 10.000 opliti solo 192 (appartenenti alla classe degli zeugiti). I Persiani cercano allora di raggiungere Atene via mare, ma quando arrivano alle porte della città trovano l'esercito ateniese che vi era già giunto grazie alla marcia forzata cui era stato costretto da Milziade. Sconfitti definitivamente, i Persiani fecero ritorno in patria. Finisce così la prima guerra persiana con la schiacciante vittoria di Atene, ma questo é solo il primo round di uno scontro che durerà decenni.

27. guerre persiane.png
fig.27

Seconda guerra 

Negli anni successivi la popolazione ateniese si divise in due fazioni: gli aristocratici parteggiavano per un accordo con la Persia dato il costo elevato che avrebbe avuto un'ulteriore guerra, i ceti artigiani e mercantili, invece, erano per infliggere il colpo di grazia a Serse (fig.28), il successore di Dario. 

28. serse.jpg
fig.28

Nel confronto vince Temistocle (fig.29) a capo della fazione sostenitrice del conflitto. Nel 482 a.C. egli fece varare una legge per il finanziamento della costruzione di una flotta di triremi con 180 navi da guerra: a suo dire l'oracolo di Delfi aveva predetto la vittoria greca sui Persiani solo se avesse avuto il dominio dei mari. 

29.temistocle.jpg
fig.29

L'anno successivo Serse penetrò in territorio greco via terra seguito dalla sua potente flotta. Per agire più agevolmente egli fece costruire ponti di barche sull’Ellesponto (fig.30)

30. ponte barche.jpg
fig.30

Eschilo nella tragedia dei Persiani afferma che Serse era consapevole, così facendo, di sfidare gli dèi ed ecco perché, prima della partenza, versò libagioni da coppe dorate e gettò in mare un cratere aureo e una spada.  Anziché arrendersi senza combattere, come invece avevano fatto altre pòleis, Sparta e Atene crearono una Lega panellenica ovvero una coalizione contro la Persia. Inizia così la seconda guerra persiana. Nel 480 a.C. Serse attraversò l’Ellesponto per poi proseguire la marcia verso l'entroterra. Temistocle allora concentrò le truppe greche presso il Passo delle Termopili: gli Spartani inviarono un contingente di soli 300 uomini. La superiorità numerica dei Persiani era schiacciante e in più essi, grazie ad un tradimento, riuscirono a sorprendere la retroguardia greca. Il re di Sparta Leonida (fig.31), insieme ai suoi 300 soldati, rimase a difendere la postazione sulle Termopili fino alla morte. 

31. leonida.jpg
fig.31

Le navi persiane riuscirono ad approdare ad Atene (i cui abitanti, nel frattempo, erano stati fatti evacuare nell'isola di Salamina) e rasero al suolo l'Acropoli. I Persiani subirono a Salamina una grave sconfitta perché lo spazio di manovra per le loro navi , all'interno dello stretto, era assai esiguo e ciò permise alle triremi greche, guidate da Temistocle, di circondare e di affondare la flotta nemica (fig.32)

32. battaglia salamina.png
fig.32

Nella primavera del 479 a.C. i Persiani si mossero dalla Tessalonica verso Atene distruggendo nuovamente la città. Mentre si dirigevano verso il Peloponneso vennero sconfitti in Beozia, a Platea, dagli Spartani capeggiati dal loro re Pausania e, successivamente, a Micale. Inoltre, incoraggiate dai ripetuti successi conseguiti dalle città greche, le colonie ioniche scoppiarono in una rivolta e aderirono alla Lega panellenica. L'esercito achemenide (persiano) batté in ritirata. Agli occhi del mondo Sparta e Atene erano ormai le potenze militari più forti del mondo. I Greci celebrarono questa vittoria come il trionfo dei valori di libertà, democrazia e civiltà contro l'assolutismo e la barbarie.

Opliti e triremi

Il segreto del successo militare dei Greci era la falange oplitica. Com'era armato un oplita (fig.33)? Il termine deriva da oplon, lo scudo rotondo convesso esternamente in grado di proteggere una buona parte del corpo del soldato, evitandone lo sbilanciamento nei movimenti. Esso era formato da strati sovrapposti di pelle di bue con all'esterno placche di metallo. Era inoltre dotato di una doppia impugnatura per poter distribuire il peso dell'arma su tutto il braccio (fig.34).

33. oplita.jpg
fig.33
34. oplon.jpg
fig.34

C’era  un famoso detto spartano secondo cui il corpo del guerriero partito per la guerra doveva rientrare in patria “con lo scudo o sopra lo scudo": il codice guerriero, dunque, prescriveva di combattere fino alla morte e di non abbandonare mai quest’arma in battaglia perché il gesto, oltre ad essere simbolo di vigliaccheria , avrebbe contribuito a indebolire la formazione durante lo scontro. Ogni soldato indossava un elmo in bronzo, una corazza rivestita di metallo, una spada o una lancia di 2 m e gli schinieri (i quali avevano il compito di proteggere gli stinchi e i polpacci) (fig.35)

35. oplita.jpg
fig.35

I soldati nella falange oplitica dovevano muoversi in maniera coordinata e combattere l'uno accanto all'altro (mirabile esempio del detto “l'unione fa la forza”). Erano schierati fino al numero di otto con lance la cui punta era rivolta verso una stessa direzione. La capacità di sfondamento dipendeva dalla compattezza dei ranghi (fig.36). 

36. falange.jpg
fig.36

Davanti agli opliti combattevano gli Psiliti, soldati armati di fionde e archi. Veniva poi la fanteria leggera. Il giavellotto era dotato di una correggia di cuoio arrotolata attorno all'asta: quando si lanciava l'arma, essa si srotolava in modo da imprimerle la rotazione. La corta spada a due tagli aveva una lama ricurva. L'armatura pesava complessivamente 35 kg e veniva portata durante le marce dagli schiavi. Gli opliti indossavano la tunica di colore rosso per mascherare il sangue, portavano i capelli lunghi che, prima della battaglia, si lavavano e pettinavano. Un'altra arma formidabile utilizzata durante la seconda guerra persiana sono state le triremi (fig.37), navi lunghe e strette con lo scafo costruito con legno di abete per renderle più leggere e veloci al fine di speronare al fianco il nemico dopo averlo aggirato. 

37. trireme.jpg
fig.37

Le triremi ospitavano circa 170 rematori su 3 ordini. La chiglia, costruita con il resistente legno di quercia, terminava con tre denti di legno ricoperti di metallo in grado di squarciare lo scafo avversario. I remi erano di dimensioni piccole (35 m di lunghezza e 5 m di larghezza), motivo per cui i Greci hanno potuto destreggiarsi facilmente nello stretto canale di Salamina e distruggere gli avversari persiani, ed erano di lunghezza diversa a seconda della distanza della fila del rematore dall'acqua. La bravura di ciascun vogatore dipendeva dalla capacità di non urtare i remi disposti negli altri ordini. Solo la fila superiore era in grado di guardare il mare mentre gli altri remavano alla cieca. Le vele venivano ammainate durante gli abbordaggi. Ogni rematore riceveva un salario da due a sei oboli circa ed era arruolato tra i teti. Prima di partire per la guerra si consultavano le divinità e si offrivano sacrifici agli dèi. Una volta conquistato il territorio, il vincitore poteva farne quel che voleva, anche raderlo al suolo; gli abitanti venivano trucidati o fatti prigionieri.

Guerra del Peloponneso

Dopo la vittoria della seconda guerra persiana Atene capeggiò la fazione delle città greche propense a continuare il conflitto. La città fondò così nel 478 a.C. la Lega di Delo (fig.38) composta da 200 pòleis del territorio dell'Attica, Ellesponto, Ionia, isole Egee e Tracia. Ognuna di esse, pur rimanendo indipendente, si impegnava a pagare un tributo per il mantenimento di una flotta. L'ammontare dei tributi era custodito presso il santuario di Apollo a Delo e in seguito, a partire dal 454 a.C. venne trasferito ad Atene con la giustificazione che solo in questa maniera sarebbe stato al sicuro da eventuali attacchi persiani. 

38. delo.jpg
fig.38

La più potente città dell'Attica iniziò a spadroneggiare: essa si arrogò non solo il compito di decidere l'ammontare dei tributi, ma anche quello di presiedere il consiglio della Lega formato dai rappresentanti delle città che vi facevano parte. Era sempre Atene a stabilire quali città dovevano entrare a far parte della Lega, vi installavano delle guarnigioni e ne influenzava l'andamento politico. Nel frattempo, Sparta stava consolidando il suo dominio sulla Lega del Peloponneso e questo inevitabilmente portò allo scontro delle due potenze (fig.39)

39. guerra peloponneso.png
fig.39

Nel 445 a.C. Atene stipula un'alleanza con Megara, città che faceva parte della Lega del Peloponneso, provocando così Sparta. Il conflitto si concluse con una pace che durò ben trent'anni. Tra 435 e il 431 a.C. Corfù, vicina politicamente ad Atene, si ribella alla madrepatria Corinto (alleata di Sparta). Atene e la Lega di Delo ovviamente intervengono a favore di Corfù causando così il conflitto (guerra del Peloponneso 431- 404 a.C). L’allora tiranno ateniese Pericle (fig.40) (vedi sitografia) decise di asserragliare gli abitanti dentro le mura della città così da evitare uno scontro campale con Sparta, più forte sulla terraferma. Tuttavia, scoppiò una terribile epidemia di peste che decimò la popolazione, durante la quale morì lo stesso Pericle. 

40. pericle.jpg
fig.40

Nel 421 a.C., dopo estenuanti combattimenti, i due schieramenti raggiunsero un'intesa di pace suddividendosi le aree di dominio, ma la tregua fu solo momentanea. Nel 415 a.C. scoppia in Sicilia un conflitto tra Segesta e Selinunte contro Siracusa (fig.41), alleata di Sparta. 

41. spedizione sicilia.png
fig.41

Le due città chiesero aiuto al tiranno di Atene Alcibiade (fig.42). Quest’ultimo invia le truppe per assediare Siracusa, truppe che si scontrano con i contingenti mandati da Sparta e Corinto. La potente flotta navale ateniese ne uscì completamente distrutta. 

42. alcibiade.jpg
fig.42

A questo punto succede l'imprevedibile: Sparta si allea con la Persia; in cambio dell'aiuto delle navi persiane, infatti, la città lacedemone cede la sua sovranità sulle colonie ioniche. Per fronteggiare la grave situazione di crisi nel 411 a.C . ad Atene decade il sistema democratico: si compila una lista di 5000 cittadini possidenti cui vengono affidati i pieni poteri politici. La compilazione dell'elenco fu compito del Consiglio dei 400 , composto dagli oligarchi più influenti. Sarà Sparta ad ottenere la vittoria decisiva nell'Ellesponto costringendo Atene alla resa nel 404 a.C . Nei trattati di pace fu stabilita la distruzione della quasi totalità della flotta ateniese, lo scioglimento della Lega di Delo, l'ingresso forzato di Atene nella Lega del Peloponneso, l'abbattimento delle mura e l'instaurazione di un regime oligarchico appoggiato da Sparta . Ebbe inizio così il regime di terrore del governo dei 30 tiranni : fu abolita la costituzione democratica di Clistene e prese il via una vera e propria “caccia alle streghe” nei confronti di chi era visto come simpatizzante della democrazia. Nel 403 a.C . un certo Trasibulo , politico di orientamento democratico fuggito da Atene per scampare alla morte, organizza una ribellione che riuscì ad abbattere il regime oligarchico e a ripristinare in città la democrazia. Sparta si trovò così a fronteggiare una situazione molto spinosa: doveva ergersi a paladina dell'indipendenza greca, ma allo stesso tempo non poteva scontentare la Persia ora sua alleata. Quando in Persia Ciro il giovane cerca di spodestare il fratello Artaserse , Sparta interviene in aiuto del primo. Ciro però muore e Artaserse stipula per vendetta un'alleanza con Atene e offre al contemporaneo aiuto a Tebe e ad Argo in rivolta contro l'egemonia spartana. Scoppia allora la guerra di Corinto (395- 386 a.C); la pace che ne seguì fu dettata dalla Persia: essa prevedeva lo scioglimento delle alleanze tra le pòleis e la sovranità persiana sulle colonie dell'Asia minore. Nessuna città, inoltre, poteva più imporre il suo dominio sulle altre e Sparta avrebbe avuto il ruolo di mediatrice nel caso di conflitti interni al territorio greco. Ma la storia non finisce qui; tra i due litiganti il ​​terzo gode perché un'altra città greca si approfitterà del declino di Sparta e Atene: si tratta di Tebe, la quale crea una confederazione di città antispartana violando così i trattati di pace stipulati dopo la guerra di Corinto. Durante la battaglia di Leuttra (371 a.C) Tebe si mostra superiore a Sparta perché impiega la nuova tattica bellica  dell'ordine obliquo in cui la maggior parte delle forze si concentrano a sinistra dello schieramento mentre la parte centrale e quella a destra si arretrano simultaneamente fino a quando, terminato lo sfondamento, avanzano chiudendo il nemico in una morsa.  Il predominio di Tebe nel territorio greco, tuttavia, fu di breve durata: a nord della Grecia stava emergendo un nuovo popolo di conquistatori: i Macedoni .

 

 

 

 

 

 

 

Bibliografia

    • AA.VV. Le civiltà Il Vicino Oriente e la Grecia volume I, Vallardi Edizioni Periodiche Milano, 1963
    • Il mondo greco Collana Storia Universale volume 3 Editorial Sol 90 Barcellona,2003
    • R.Flacelière La vita quotidiana in Grecia nel secolo di Pericle Collana Biblioteca della storia, vite quotidiane edita dal Corriere della Sera e BUR, 2018
    • M.Lentano Straniero Collana Le parole degli antichi Edizioni Inschibboleth 2021, Roma

Per le Unità di Apprendimento

  • Per le unità di apprendimento sulla storia dell'Antica Grecia:

    Noi diciamo no all'infanzia negata di Rossella Carpentieri contenuta nel testo Storia di ieri, mondo di oggi Corso di Storia antica e medievale di F. Cioffi e A. Cristofori Edizioni Loescher, 2022.

Sitografia Immagini

Documentari

Titolo Link
Gli Spartani link
Rai Storia Antichi Greci link
Rai Storia Sparta e Atene link